L'uomo e le stelle

 

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L'astronomia presso i popoli orientali

Per le antiche civiltà dell'Antico Medio Oriente, sorte sulle sponde dei grandi fiumi Nilo, Tigri, Eufrate e Indo, i credi religiosi e la cultura furono sempre strettamente collegati ai particolari studi astrologici e alle forme di mitologia e folclore legate alle stelle.
Inizialmente questi studi avevano scopi puramente spirituali e religiosi, ma col passare del tempo, diventando via via più approfonditi, diedero vita all'astronomia.
I fattori che favorirono lo sviluppo di questa scienza nascente furono principalmente
  • la localizzazione di queste civiltà in una parte del mondo dove il cielo era quasi sempre limpido;
  • la presenza di un élite privilegiata, che poteva permettersi di studiare i cieli;
  • l'uso di una lingua scritta, che consentiva di registrare le osservazioni effettuate;
  • la conoscenza della matematica per fare un uso pratico delle osservazioni.

Oltre a usare la loro conoscenza dello spazio per predisporre i calendari e prevedere i fenomeni ricorrenti, questi antichi popoli svilupparono anche una considerevole capacità nell'uso delle stelle per l'orientamento, estremamente utile per guidare le navi sui mari e le carovane attraverso i deserti.

Dalla tarda Antichità al Seicento l'astronomia ha avuto due obiettivi tra loro connessi: mostrare che i moti dei pianeti non erano casuali e predirli con precisione. Questi propositi si realizzarono ad opera dei Babilonesi, degli Egizi e dei Greci specialmente dopo le conquiste di Alessandro Magno che amalgamarono le culture dando vita all'Ellenismo.

LE FONTI:

Da Babilonia ci sono pervenute piccole tavolette d'argilla ritrovate nel corso di scavi archeologici.Benché queste tavolette risalgano quasi tutte agli ultimi XII secoli a.C., la maggior parte sono state scritte nel periodo ellenistico dopo la morte di Alessandro Magno e in alcuni casi perfino dopo la morte di Ipparco, uno dei maggiori astronomi greci, avvenuta nel 120 a.C.. Per quanto riguarda le popolazioni di origine greca, le testimonianze scritte sono pressoché nulle, poiché essi scrissero su materiali più deperibili che non sono giunti fino ai giorni nostri . Inoltre alcune scoperte vennero tramandate da opere successive: ad esempio l'Almagesto….
Le uniche testimonianze che abbiamo le dobbiamo ad Aristotele e alla sua abitudine di citare le teorie dei suoi predecessori prima di assorbirle nel suo corpus filosofico.

L'ASTRONOMIA A BABILONIA

La città di Babilonia sorgeva sulla riva sinistra dell'Eufrate a circa 100 km a Sud dell'attuale Bagdad. Governata dal 2000 al 1600 a.C. (periodo Paleobabilonese) dalla dinastia di Hammurabi, cadde sotto la dominazione degli Ittiti, ma presto venne incorporata nell'impero classico; seguirono poi la dominazione degli Assiri e dei Persiani ed infine Babilonia venne annessa all'impero di Alessandro Magno.
Tutte le conoscenze sul cielo dei Babilonesi erano privilegio di pochi sacerdoti, i Caldei, ai quali si devono i primi passi dell'astronomia.
Essi erano molto accorti a prendere nota di tutto ciò che era insolito interpretandolo come un omen, cioè un segno mandato in passato al re dagli dei per esprimergli compiacimento o disappunto.
Queste osservazioni vennero catalogate in circa settanta tavolette e questa "raccolta" prese il nome di Enuma Anu Enlil, cioè registrazione ed espressione di esperienze di predizione che si erano ripetute così spesso da essere riconoscibili come regolarità. Sulla base di queste ripetute osservazioni i Babilonesi crearono l'anno lunare ed intuirono la necessità di aggiungere del tempo ogni tot. di anni, come facciamo noi nell'anno bisestile, per mantenere la regolarità delle stagioni. Dal sesto sec. a.C. abbiamo maggiori informazioni sul loro calendario, fondato sul movimento della luna ma "ritoccato" con il moto apparente del sole in modo da formare un calendario lunisolare. Il calendario era formato da dodici lune alle quali, di tanto in tanto se ne aggiungeva una tredicesima. I Caldei capirono che per metà dell'anno la velocità del sole aumenta e nell'altra metà diminuisce, escogitando due metodi per descrivere questo comportamento: il primo supponeva che il sole avesse un velocità costante per mezzo anno e un'altra velocità per il lasso di tempo restante. Nel secondo si supponeva che il sole aumentasse o diminuisse la sua velocità in modo uniforme mese dopo mese. Tecniche simili vennero uste per i moti della luna e di alcuni pianeti. I Babilonesi non supponevano che la volta del cielo ruotasse, ma che il sole, la luna e le altre stelle girassero come esseri viventi in orbite ben definite. Si doveva già sapere dell'esistenza di Venere, considerata come la stella luminosa che appariva o al mattino o alla sera anche se, forse per ragioni mitologiche, si preferì distinguerla in due stelle diverse. Dal 747 a.C. i fenomeni astrali furono osservati in modo costante e si arrivò a definire "la via del sole" che venne suddivisa in 4 parti corrispondenti alle stagioni. Queste intense osservazioni condussero i sacerdoti-astronomi ad individuare un ciclo di 223 lunazioni detto sacros. Inoltre nelle tavolette dei Babilonesi si trovano menzionati 5 pianeti, i loro moti il levare e tramontare rispetto al sole. Tra questi pianeti, un ruolo particolarmente importante lo assumeva Venere, con la quale questo antico popolo regolava il proprio calendario. Per osservare il cielo si usavano gli astrolabi, strumenti che riproducevano mappe schematiche del cielo. Per i Caldei l'inizio del giorno, diviso in varie parti, coincideva con il tramonto.