Echi di Seneca nel Seicento
Orazio Grassi
Premessa al testo “De tribus cometis disputatio”
Sensit illud, ni
fallor, ac tandem tertio kalendas Decembris lucidissimum cometam tanto ab oriente
splendore in altum evexit ut, conversis ad eum illico omnium
oculis suspensisque animis, magnique
quotidie in montes locaque editiora concursus, nulli somni cura, nullo algentis Aquilonis timore,
cogerentur: factumque est aliquando,
ut nulla iam sollicitudo maior hominum sit, quam
caeli
suspiciendi; ac si forte Venus solito splendidius
scintilla(ve)rit, in cometam abierit; si nubes ad Solis
occasum non se subito abdiderit crucemque formaverit, monstri id loco habeatur.
Sed haec sibi habeat vulgus, pluma levius: in hac enim sapientium corona de his aliter
mihi
agendum.
Testo tradotto in modo letterale
(Il cielo) si accorse di questo, se non mi sbaglio, e infine, il 29 novembre fece salire una cometa
lucentissima fin dalla sua comparsa così in alto che, rivolti ad essa gli occhi di tutti e sospesi gli
animi, grandi folle ogni giorno si radunavano sulle montagne senza curarsi del sonno e senza timore
della gelida tramontana. E’ accaduto talvolta che nessuna preoccupazione
degli uomini sia più grande di quella di scrutare il cielo; e se per caso Venere avrà scintillato in
modo più lucente del solito, sarà diventata una cometa; se una nuvola al tramonto non si sarà
nascosta subito e avrà formato una croce, ciò venga ritenuto un prodigio. Ma queste cose (le) creda
pure il volgo, più incostante di una piuma; in questo consesso di sapienti dovrò trattare di ciò in ben
altro modo.
Traduzione
Forse il cielo si accorse di questo e infine, il 29 novembre, condusse una cometa lucentissima fin
dalla sua comparsa così in alto che ad essa si rivolsero gli sguardi ansiosi di tutti e grandi folle si
radunavano sulle montagne e nei luoghi più elevati, senza curarsi del sonno e della gelida
tramontana. E’ accaduto spesso che gli uomini non abbiano avuto preoccupazione più grande di
quella di scrutare il cielo; e se per caso Venere scintilla in modo più evidente del solito, diventa una
cometa; se una nuvola al tramonto non si nasconde subito e forma una croce, si grida al prodigio.
Ma lasciamo tali opinioni al volgo, più incostante di una piuma; in questo consesso di sapienti
dovrò discutere di questo argomento in tutt’altro modo.
Commento
Nel sostenere le tesi di Tycho Brahe sulle comete, Orazio Grassi riprende alcune immagini di
Seneca, il che risulta quasi inevitabile, visto che le ricerche dell’astronomo confermavano le teorie
del filosofo spagnolo. Dopo secoli di quasi completa dimenticanza, il settimo libro delle Naturales
Quaestiones si impone all’attenzione degli studiosi e si va diffondendo l’opinione che Seneca,
insieme agli oscuri astronomi ai quali egli aveva attinto le sue teorie,
aveva ragione. Seneca viene
citato anche da coloro che non ne condividono le tesi, se ne trovano frequenti citazioni nel testo di
Mario Guiducci “Discorso delle comete” che proponeva la tesi galileiana della cometa come effetto
ottico.
In questo testo, Orazio Grassi riprende alcune osservazioni di Seneca sulla reazione della gente
comune di fronte alla cometa accentuandone il carattere di aristocratico distacco dalle opinioni
superstiziose del “volgo, più incostante di una piuma”. Seneca, pur prendendone le distanze, aveva
descritto in modo meno sarcastico lo stato d’animo di chi, osservando la cometa, si domanda “se sia
un astro o un prodigio”; è da notare il fatto che, senza dirlo esplicitamente, descrive proprio i comportamenti spaventati o superstiziosi ai quali si
riferisce Seneca nei brani analizzati nella parte di sito a lui dedicata.
Amore per la scienza e
superstizione Stella
o prodigio?
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