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Cesare

LE FORESTE NEL MEDIOEVO

Nel Medioevo la foresta era una delle immagini più rappresentate, soprattutto  nella poesia. Simbolo del pericolo che incombeva a quei tempi nei luoghi sperduti e lontani dalle città, la foresta era vista come un luogo dove tutto poteva accadere. Quando diventava incolta ed oscura,  la foresta incominciava  ad essere pericolosa perché nascondeva insidie reali  (animali feroci, malintenzionati, terreno impervio) e immaginarie (streghe, diavoli, draghi). Si trattava cioè di un luogo in cui regnavano la paura, le tenebre e, quindi, il peccato. Infatti, partendo dalle posizioni e dall'ideologia del Cristianesimo, la sua principale caratteristica nel medioevo era quella di occultare le azioni peccaminose dei pagani e dei peccatori. Nonostante l'ostilità di fondo della visione cristiana, molti monaci e devoti scelsero la via della purificazione dell'anima vivendo in luoghi sperduti e selvaggi per rimanere lontani dalla corruzione umana.

Solo dopo molti anni la foresta diventerà un luogo di culto da collegare all'idea della divinità, perchè l'altezza degli alberi e la vastità delle sue distese fa sentire l'uomo piccolo, gli ispira l'idea dell'infinito  come accade anche per il cielo e il mare. A questa idea si ispira la costruzione della cattedrale gotica: le volte ad arco acuto che si intersecano e le alte colonne riproducono i fusti e le chiome degli alberi che impediscono la visione del cielo,  mentre le grandi vetrate "imitano" i bagliori di luce che entrano tra gli squarci delle fronde, quasi a simboleggiare una luce divina che illumina l'ambiente di culto. Oltre a questo, tutta la costruzione risulta slanciata verso l'alto, quasi a raggiungere il divino.

[Tratto da "Foreste. L'ombra della civiltà" di Harrison]

La Foresta non è il luogo dove avviene il contatto con la natura, ma un luogo difficilmente penetrabile: alle credenze (orchi, folletti... ) si aggiungevano gli animali selvatici e i briganti e gli stregoni. Si credeva che negli alberi abitassero spiriti maligni, spesso adorati dai contadini. Infatti tra questi si conservò più a lungo l’attaccamento a pratiche religiose estranee al Cristianesimo: non per niente la parola “pagano”, che a partire da allora fino ad oggi designa i non cristiani, significava in origine contadino, abitante della provincia, in latino pagus.
Poiché speso tali pratiche avevano come simbolo sacro proprio degli alberi (il simbolo della mediazione tra la terra madre, la terra dei defunti, la terra dell’uomo e il cielo degli spiriti e della divinità), contro “gli alberi sacri” spesso si scaglio proprio la Chiesa.
Le paludi, sinistre e malvagie, sono i luoghi preferiti dei Draghi. Probabilmente avevano scambiato le naturali esalazioni venefiche di alcune torbiere (dal terribile odore solforoso) per fumi e sbuffi di queste enormi creature simili a rettili alati.
Gli animali selvatici portano presagi oscuri. Per lungo tempo il lupo è stato visto come l’incarnazione del Diavolo, cosa che ha portato all’uccisione di interi branchi già a quell’epoca.
L’uomo medioevale vede con timore e sospetto la natura. È una lotta quella che deve affrontare contro la natura, pari a quella che i cavalieri devono affrontare contro i draghi e le streghe e i mostri e le creature malvagie.
È proprio durante l’Alto medioevo che, nell’immaginario europeo, la foresta e il lupo, il suo più temibile abitante, l’uomo la connotazione malvagia e minacciosa che ancora oggi mantengono nelle favole.

[tratto da pianetascuola.it]