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Cesare

LE FORESTE PER I GRECI E I ROMANI

Nell'antichità i greci e  i romani erano soliti  venerare le foreste come dimora degli dei. Talvolta circondavano gli alberi con dei muri per delimitare lo spazio sacro del tempio oppure innalzavano delle grandi colonne in legno o in pietra per imitare i loro fusti. L'importanza del tempio era data anche dal numero di colonne che lo componevano, in modo che simboleggiassero al meglio il bosco sacro, degno di essere dimora della divinità e, quindi, luogo di culto.

Proprio per questo simbolismo religioso si giunge a ritenere che la finalità e le caratteristiche della costruzione del tempio greco fossero simili all'arte delle cattedrali gotiche europee, anch'esse caratterizzate da colonne alte e slanciate e volte che richiamano le chiome degli alberi.

 

ORIGINI DI ROMA 

la leggenda delle origini

La città madre di Roma, Albalonga, aveva avuto un'origine silvana. Infatti  Tito  Livio narrò che tutti i successori del fondatore Silvius mantennero questo nome, che significa letteralmente "della foresta". Da questa gens nacque Romolo, il quale fonderà una grande città racchiusa da mura.  Assieme al suo gemello Remo, Romolo venne generato da Rea Silvia, nutrito e allevato da una lupa, figura mitica della foresta. Altri aspetti della civiltà latina legati alla foresta sono il culto del dio Silvano, divinità della natura selvaggia  fuori dalle mura della città, e il fatto che i confini  della res publica erano segnati dalle foreste incolte, determinando la tradizionale opposizione civiltà/natura. Col passare del tempo Roma continuò ad espandersi e il mondo urbano trionfò sulle immense distese delle foreste andando così  contro le sue stesse origini mitologiche. Questo "tradimento delle origini" sarebbe costato caro ai Romani nel lungo periodo. Proprio per la caratteristica delle foreste del mondo antico di salvaguardare l'autonomia e la diversità delle comunità come dei veri e propri rifugi dell'indipendenza della cultura, la loro distruzione contribuì al declino del mondo antico. Roma andò incontro al declino come molte altre città e le foreste tornarono ad espandersi.

DEFORESTAZIONE

Le esigenze dell'economia prevalsero alla lunga  sulla sacralità della foresta, infatti  i greci e i romani agirono in modo irresponsabile verso il territorio circostante. Infatti, per mantenere una grande flotta, gli ateniesi dovettero distruggere l'immenso paesaggio della Grecia, ora una grande distesa rocciosa e arida. Quanto ai romani, i quali pensavano di fare della natura tutto ciò che volevano, tagliarono gran parte delle foreste all'interno dei confini imperiali per avere a disposizione vasti terreni coltivabili. Giunsero, così, a provocare l' inaridimento delle  regioni che un tempo erano le più fertili e da cui la  stessa popolazione romana dipendeva per il soddisfacimento dei suoi bisogni primari..ù

[Tratto da "Foreste. L'ombra della civiltà" di Harrison]

LA FORESTA PER I GRECI

Nella concreta esperienza e nel sentire dei Greci, il monte e la foresta rappresentavano l'esatto contrario del contesto urbanizzato e del vivere sociale che identificavano con la polis. Le innate potenzialità associative degli uomini si compivano pienamente solo entro i confini delimitati, protetti e adeguatamente regolati di essa. La polis: cioè lo spazio sottratto alla natura selvaggia, occupato, edificato e sfruttato economicamente secondo criteri (materiali e simbolici) unicamente funzionali alla comunità stessa.
Si riconosceva intuitivamente nella vastità delle aree forestali dell'Europa antica l'origine della concezione sacrale del bosco presso le varie culture continentali: «Agli albori della storia, infatti, l'Europa era ammantata di gigantesche foreste primordiali, le cui poche radure dovevano apparire come isolotti in un oceano di verde. (...) In Grecia, splendidi boschi di pini, querce, e altri alberi, coprono ancora i pendii degli alti monti dell'Arcadia; ancora ornano con le loro fronde la profonda gola natura selvaggia, che si sviluppa rigogliosamente in imponenti formazioni arboree, impenetrabili e ostili all'uomo, popolate di belve feroci».
I termini comuni per indicare il bosco erano hyle e alsos . Al di là della generica affinità, tra i due vocaboli esiste una chiara differenza semantica.L'etimologia di hyle è ignota. Il termine poteva indicare tanto una regione boschiva quanto una foresta in sé, e poi, per metonimia, il legname ricavato dall'abbattimento degli alberi a scopo di costruzione (con il tempo, il vocabolo assunse il significato generico di «materiale» da costruzione e quello filosofico di «materia»). La hyle ha perciò il connotato della natura selvaggia, che si sviluppa rigogliosamente in imponenti formazioni arboree, impenetrabili e ostili all'uomo, popolate di belve feroci.
L'alsos è il «bosco sacro», in genere recintato, religiosamente custodito dai devoti o da figure sacerdotali a ciò preposte. Talvolta, l'alsos poteva essere un boschetto di piante da frutto o ornamentali, costituito appositamente e coltivato a scopo rituale nei dintorni di un tempio o di un altare. In un certo senso, l'alsos è il corrispettivo della foresta ma in scala minore, replica del bosco naturale uniformata alle esigenze religiose e alle misure cultuali della polis.
La doppia connotazione, positiva e negativa, del bosco non è soltanto riconoscibile chiaramente nelle accezioni e nell'uso del termine alsos, il «bosco sacro» acquisito tramite il senso religioso alla sfera della civiltà urbanizzata, ma contraddistingue anche l'uso del vocabolo hyle, la foresta spontanea e selvaggia di vaste dimensioni. Sul piano simbolico, nell'immagine della hyle il connotato di ferinità selvatica e indomita s'incontrava e coesisteva con il senso del sacro.

[tratto da www.loescher.it/mediaclassica]