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Cesare

I CELTI,  POPOLO  DELLE  FORESTE

                                                                            [immagine tratta da www.datadesignsb.com/books/celtic_myth_bks.html/]

I Celti              I Celti e le foreste              I Druidi         I Druidi secondo Giulio Cesare


Secondo i più autorevoli studiosi di antropologia, etnologia e storia, i Celti sarebbero stati discendenti di un più vasto insieme di popolazioni generalmente chiamate "Indoeuropei" che provenivano dall'est per stanziarsi un po' in tutta Europa.
Il nostro continente, nell'antichità, era per la stragrande maggioranza ricoperto di foreste:  studiosi autorevoli affermano che l'Europa era una sorta di "mare verde" in cui i centri abitati e le pur rare città erano un po' come isole sperdute e poco collegate.
In un ambiente naturale come questo si sviluppo' una sorta di "civiltà dei boschi" che riunì le popolazioni autoctone primitive in un unico contesto culturale, religioso e magico.
I Celti impressero all'Europa un'indelebile impronta che possiamo rilevare ancora ai nostri tempi. Essi dominarono l'Europa fino all'avvento dell'Impero Romano,  ma non furono mai completamente assorbiti dai Romani per ciò che riguardava la cultura, la religione ed il folklore; come era loro abitudine infatti, dopo lo scontro iniziale, lasciavano agli abitanti della province le loro tradizioni senza sconvolgerne più di tanto l'esistenza.
I confini di una "nazione celtica" non esistono e si può a maggior ragione parlare di "mondo celtico", identificando con esso tutti i territori che si estendono dalla Scozia all'Irlanda e all'Inghilterra. Si possono associare al mondo celtico i Bretoni ed i Galli, il cui territorio si estendeva, a tutta la Francia, quasi tutta la Spagna, il nord Italia, il Belgio ed una serie di insediamenti in zona germanica.  

 

Anche i Celti, come i Greci e i Romani, avevano una visione sacrale della foresta e la ritenevano sede di presenze ultraterrene. Il rapporto con le forze soprannaturali che abitavano i boschi era gestito dalla classe sacerdotale dei Druidi, già descritti da Giulio Cesare. E’ probabile che l' esistenza dei primi Druidi risalga a  circa 6.500 anni prima di Cristo, tuttavia non si hanno dati precisi.  
Ma chi erano in realtà?
Erano sacerdoti, sapienti ed esperti di astronomia ed erboristeria, ma della loro attività abbiamo pochissime tracce scritte. La loro arte, la loro sapienza, era quella che nasce dallo "spirito vitale delle cose" e si pensa che i primi a praticare queste conoscenze fossero i druidi irlandesi.
Tra i molteplici compiti del Druido, saggio della Tribù, vi era dunque anche quello importantissimo di studiare gli astri, calcolare il calendario, stabilire i tempi migliori per la semina e per il raccolto, per mantenere la vita della tribù in armonia con i ritmi divini.
I druidi officiavano ovunque: la loro magia era la magia della terra. Tuttavia, avevano dei "santuari”: i loro santuari, erano delle radure nelle foreste, degli sprazzi di erba nei querceti sacri, ed i Celti non ebbero templi sino alla romanizzazione.
All’interno dei boschi sacri era molto probabile la presenza di cippi lignei, utilizzati come oggetti di culto.
E' importante sottolineare che dolmen, menhir, cromlech e megaliti in genere NON facessero parte della cultura e della religione celtica e NON fossero stati costruiti dai Celti, per quanto è possibile che in certi punti essi possano averli adottati come luoghi di culto sotto l'influenza della fusione della loro civiltà con quella precedente, la civiltà megalitica.

Caesar
De Bello Gallico
Liber Sextus: 13.1-20.3

(13.1) In omni Gallia eorum hominum qui aliquot sunt numero atque honore genera sunt duo. Nam plebes paene servorum habetur loco, quae nihil audit per se, nullo adhibetur consilio.

.........
(13.3) Sed de his duobus generibus alterum est druidum, alterum equitum.

(13.4) Illi rebus divinis intersunt, sacrificia publica ac privata procurant, religiones interpretantur: ad hos magnus adulescentium numerus disciplinae causa concurrit, magnoque hi sunt apud eos honore.

(13.5) Nam fere de omnibus controversiis publicis privatisque contistuunt et, si quod est admissum facinus, si caedes facta, si de hereditate, de finibus controversia est, idem decernunt, praemia poenasque constituunt;

(13.6) si qui aut privatus aut populus eorum decreto non stetit, sacrificiis interdicunt.

(13.7) Haec poena apud eos est gravissima. Quibus ita est interdictum, hi numero impiorum ac sceleratorum habentur, his omnes decedunt, aditum sermonemque defugiunt, ne quid ex contagione incommodi accipiant, neque his petentibus ius redditur, neque honos ullus communicatur.

(13.8) His autem omnibus druidibus praeest unus, qui summam inter eos habet auctoritatem.

(13.9) Hoc mortuo, aut si qui ex reliquis excellit dignitate succedit, aut, si sunt plures pares, suffragio druidum, non numquam etiam armis de principatu contendunt.

(13.10) Hi certo anni tempore in finibus Carnutum, quae regio totius Galliae media habetur, considunt in loco consecrato. Huc omnes undique qui controversias habent conveniunt eorumque decretis iudiciisque parent.

(13.11) Disciplina in Britannia reperta atque inde in Galliam translata esse existimatur, et nunc qui dilligentius eam rem cognoscere volunt plerumque illo discendi causa proficiscuntur.

(14.1) Druides a bello abesse consuerunt (should be 'consueverunt), neque tributa una cum reliquis pendunt; militiae vacationem omniumque rerum habent immunitatem.

(14.2) Tantis excitati praemiis et sua sponte multi in disciplinam conveniunt et a parentibus propinquisque mittuntur.

(14.3) Magnum ibi numerum versuum ediscere dicuntur. Itaque annos non nulli XX in disciplina permanent. Neque fas esse existimant ea litteris mandare, cum in reliquis fere rebus, publicis privatisque rationibus, Graecis litteris utantur.

(14.4) Id mihi duabus de causis instituisse videntur, quod neque in vulgum diciplinam efferri velint neque eos qui discunt litteris confisos minus memoriae studere; quod fere plerisque accidit ut praesidio litterarum diligentiam in perdiscendo ac memoriam remittant.

(14.5) In primis hoc volunt persuadere, non interire animas sed ab aliis post mortem transire ad alios, atque hoc maxime ad virtutem excitari putant, metu mortis neglecto.

(14.6) Multa praeterea de sideribus atque eorum motu, de mundi ac terrarum magnitudine, de rerum natura, de deorum immortalium vi ac potestate disputant et iuventuti tradunt.

Cesare,
La guerra in Gallia
Libro sesto


In tutta la Gallia, due sono le categorie di coloro che sono ritenuti di qualche importanza ed onore. Infatti la plebe è considerata alla stregua degli schiavi, non osa nulla da sola nè è consultata per alcuna decisione.

Di queste categorie, l'una è quella dei druidi, l'altra quella dei cavalieri.

I druidi celebrano le cerimonie religiose, si occupano dei sacrifici pubblici e privati, interpretano gli auspici: presso di loro accorre un gran numero di giovani per istruirsi e presso di loro godono di grande prestigio.

Infatti hanno competenza in ogni causa pubblica e privata e, qualora sia stato commesso un crimine, se è stato commesso un omicidio, se c'è una lite su un'eredità o sulla definizione dei confini, decidono allo stesso modo e stabiliscono premi e punizioni

se qualche privato o qualche popolo non si è adeguata alle loro decisioni, lo escludono dai sacrifici.

Questa pena presso di loro è molto grave. Coloro che sono stati interdetti vengono annoverati nel numero degli empi e degli scellerati, tutti si allontanano da loro, rifuggono la loro compagnia e non vogliono parlare con loro per non esserne danneggiati e non si rende loro giustizia quando la chiedono nè viene attribuito loro alcun onore.

Un druido che tra di loro gode di grande autorità è posto a capo di tutto il gruppo.

Alla sua morte, se ce n'è uno che eccelle sugli altri, gli succede nella carica oppure, se ce ne sono molti alla pari, si contendono il primato ottenendo le preferenze degli altri druidi e talvolta anche con le armi.

Ogni anno, in data stabilita, si radunano in un luogo consacrato nei territori dei Carnuti,  considerati il centro della Gallia. Lì arrivano da ogni parte tutti coloro che hanno delle controversie e si adeguano ai loro decreti e giudizi.

Si crede che il loro sapere sia stato elaborato in Britannia e poi portato in Gallia, perciò oggi coloro che vogliono apprenderlo meglio si recano là.

I Druidi sono soliti astenersi dalla guerra e non pagano i tributi come gli altri; sono dispensati dal servizio militare  e da ogni altro obbligo.

Incitati dai vantaggi oppure di loro spontanea volontà molti si recano a questa scuola o sono inviati da genitori o parenti.

Si dice che imparino un gran numero di versi. Perciò molti rimangono agli studi anche per venti anni. E non ritengono lecito scriverli, sebbene in quasi tutti gli altri atti pubblici e privati utilizzino la scrittura greca.

Secondo me è stato deciso così per due ragioni: perchè non vogliono che questo sapere venga divulgato e perchè temono che, confidando nella scrittura, gli allievi studino di meno, perchè  accade che la maggior parte delle persone, confidando nell'aiuto della scrittura,  diminuiscano l'impegno e le capacità mnemoniche nell'apprendimento.

Innanzitutto vogliono convincere la gente del fatto che le anime non muoiono, ma dopo la morte passano dagli uni agli altri; ritengono che questo sia un grande incoraggiamento al coraggio in guerra perchè induce a trascurare il pericolo di morte.

Molte altre teorie poi elaborano sulle stelle e i loro moti, sulla grandezza della terra, sulla natura del mondo e sul  potere degli dei immortali e le tramandano ai giovani.

 

Caesar
Gallic Wars
Book Six

(13.1) In all of Gaul there are two kinds of those people that are of any number and honour. For the plebs are held almost as slaves, that dare nothing on their own, nor are summoned to any council. 

(13.3) But of these two kinds one is the druids, the other is the knights.

(13.4) The former take part in things holy, attend to public and private sacrifices, interpret religious matters: and to these men a great number of young men gather around to learn and these men are in great honour among them.

(13.5) For they decide about almost all of public and private disputes and if any evil deed has been committed, if a murder has been committed, if there is a dispute of inheritance, of territory, the same men decide, set up awards and punishments;

(13.6) if someone private or people does not stand by their decree, they forbid sacrifices.

(13.7) This punishment is a very heavy one among them. These, to whom there has thus been a forbidding (i.e., these who have been thus forbidden), these men are considered in the number of the wicked and criminal, everyone avoids them, avoids their approach and conversation, lest they get some harm from the contact, nor is justice given to these seeking, nor is any honour shared with them.

(13.8) But of all these druids one is in charge, who has chief authority among them.

(13.9) When this one has died, either, if one of the remaining (druids) excels in dignity, he succeeds, or, if many are equal, they contend for the leadership either by the voite of the druids or sometimes even by arms.

(13.10) These men, at a fixed time of the year, sit down in a consecrated place in the territory of Carnutes, which region is considered the center of all Gaul. To here everybody from all sides who has disputes comes together and they obey their decreees and judgements.

(13.11) Teaching is thought to have beendiscovered in Britain and thence when transported into Gaul, and now those who rather dilligently want to know these things, the majority set out to there to study.

(14.1) Druids are accustomed to abstain from war, nor do they pay taxes together with the rest; they have exemption from military service and immunity from all business.

(14.2) Many men enticed by such great rewards both come together voluntarily for learning and are sent by their parents and relatives.

(14.3) There they are said to learn by heart a large number of verses. For this reason some remain in training for 20 years. They think it isn't right to entrust these things to writing although in public and private matters, they use Greek writings.

(14.4) They seem to me to have instituted that for two reasons, because they neither wanted to have their learning published among the common people, nor do they want those who are learning to devote themselves less to memory, because generally to most people it happens that they slacken their diligence and their memory in learning by heart by the support of writing.

(14.5) Firstly they want to persuade them this, that the souls do not perish but after death go across from some to others, and by this they judge them (Gauls) to be excited to virtue by this to the greatest degree having disregarded the fear of death.

(14.6) Besides, they discuss many things about the stars and their movement, the world and the earth, the nature of

 

                                                                                                                                                                                                 [tratto da Edicolaweb]