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Quando muoiono i mendicanti non si vedono comete

"When beggars die there are no comets seen;
The heavens themselves blaze forth the death of princes."

--From Julius Caesar (II, ii, 30-31)

Nella letteratura inglese esistono molti testi significativi che parlano di comete. Jhon Milton, nel "Paradiso perduto" paragona Satana ad una cometa, coma accade nell'Apocalisse. 
Con grande ironia Swift, nei "Viaggi di Gulliver" descrive gli abitanti di Laputa, uno dei primi mondi alieni che compaiono nella letteratura, angosciati dalla paura di catastrofi astronomiche, tra le quali eventuali urti con le comete. Ovviamente, come accade in molti testi a carattere fantascientifico, dietro a questi strani comportamenti di ipotetici extraterrestri si nascondono le grandi e piccole assurdità e tragedie del nostro mondo.

Prenderemo qui in considerazione uno dei testi che ha dato voce all'idea delle comete come portatrici di sventura capaci di annunciare la morte di personaggi potenti: la tragedia "Giulio Cesare" di Shakespeare. 
Il grande tragediografo inglese è vissuto nell'epoca che ha visto la sconfitta della concezione aristotelica delle comete come fenomeni atmosferici e l'affermazione della verità, è quindi molto probabile che egli fosse informato dell'ampio dibattito sulla natura di questi astri.
Nel "Giulio Cesare", la moglie Calpurnia, che secondo la leggenda lo mise in guardia dal recarsi in Senato il giorno delle idi di marzo, ripropone la teoria classica delle comete come anticipatrici della morte di grandi personaggi. Alcuni storici, (ad esempio Plutarco) testimoniano infatti che circa due mesi dopo l'omicidio di Cesare una cometa fu visibile in cielo e i Romani la interpretarono come manifestazione della sua anima che saliva tra gli dei. Per un interessante approfondimento si veda:

David Levy’s Guide to Observing and Discovering Comets
Formato file: PDF/Adobe Acrobat
assets.cambridge.org/052182656X/sample/052182656XWS.pdf - 


Shakespeare 


LA VITA E LE OPERE


• William Shakespeare nasce nel 1564 a Stratford-upon-Avon da famiglia agiata
• Nel 1592 è già attore e drammaturgo affermato; nello stesso anno scoppia un’epidemia di peste: i teatri chiudono, Shakespeare scrive poemetti
• Nel 1594 riaprono i teatri, si riorganizzano le compagnie e Shakespeare entra a far parte della “Compagnia del Lord Ciambellano”
• Nel 1599 viene costruito il Globe, dove verranno rappresentate le sue opere fino alla sua distruzione nel 1613 per un incendio scoppiato durante una rappresentazione della tragedia “Enrico VIII”
• Nel frattempo entra a far parte della compagnia “King’s Men”; scrive e recita per il Globe e anche per un altro teatro, il Blackfriars, per un pubblico più sofisticato
• Muore nel , quando molte delle sue opere non sono ancora state pubblicate
• Autore di poemetti, tragedie e commedie, Shakespeare è considerato il più grande drammaturgo di tutti tempi
• Tra le commedie ricordiamo “Sogno di una notte di mezz’estate”, “La commedia degli equivoci”, “Tutto è bene quel che finisce bene”
• Maggiore è il numero delle tragedie: “Antonio e Cleopatra”, “Giulio Cesare”, “Macbeth”, “Re Lear”, “Romeo e Giulietta”, “Otello”, “Amleto”.


CONTESTO STORICO


Shakespeare vive la crisi dell’uomo del suo tempo, che ha distrutto e reso inservibile il sistema delle idee classico-rinascimentali, ma che non possiede ancora un nuovo sistema di riferimento fatto di strutture religiose, morali, sociali e politiche. Un tema importante e ricorrente è perciò l’incontro dell’uomo con la forze della natura: il tempo, i cataclismi, le passioni, i dolori.
La poesia di Shakespeare cade proprio nella fase critica di attrito tra la vecchia e la nuova concezione: le teorie copernicane incontravano una forte resistenza; lo stesso Tycho Brahe, col suo compromesso, cercò di salvare la centralità del nostro pianeta.  La terra relegata in un angolo dell’universo, era un' idea che metteva in crisi l’immagine dell’uomo del Rinascimento così sicuro di sé e del suo ruolo nella creazione.


GIULIO CESARE

Racconto della morte di Cesare per mano di Bruto e Cassio, Giulio Cesare è una tragedia rappresentativa del momento cruciale di passaggio e di grandi cambiamenti che Shakespeare vive come uomo del suo tempo e come individuo. Nella tragedia possiamo ritrovare la mentalità vecchia e quella nuova che si oppongono: quella di Giulio Cesare e delle persone a lui vicine è ancora legata al vecchio mondo mentre Bruto e Cassio rappresentano la mentalità nuova e sono visti non come traditori ma come difensori della libertà.

LA COMETA

Cesare sta per uscire di casa e Calpurnia, spaventata dai cattivi presagi, vorrebbe impedirglielo.

CALPURNIA: Che intendete fare, Cesare? Pensate di andare fuori? Oggi non dovete muovervi dalla vostra casa.
CESARE: Sì che Cesare uscirà: i pericoli che mi hanno minacciato non mi hanno mai guardato che le spalle; appena vedranno il volto di Cesare, saranno svaniti.
CALPURNIA: Cesare, non ho mai dato importanza ai presagi, eppure ora essi mi spaventano. V’è uno là, a parte quello che noi abbiamo visto e udito, che racconta le cose più spaventose viste dalla ronda: una leonessa ha partorito per la strada, delle tombe si sono spalancate e hanno reso i loro morti; feroci fiammanti guerrieri hanno combattuto sulle nubi in file e squadroni ed in giusto ordine guerresco, cosicché è piovuto sangue sul Campidoglio; rumore di battaglia rimbombava nell’aria, cavalli nitrivano e uomini moribondi gemevano e spiriti strillavano e stridevano per le strade. O Cesare, quante cose sorpassano ogni comune esperienza ed io le temo!
CESARE: Quale cosa può essere evitata il cui scopo è voluto dai potenti dei? Tuttavia Cesare uscirà perché queste predizioni si riferiscono a tutto il mondo in generale come a Cesare.
CALPURNIA: Quando muoiono i mendicanti non si vedono comete; i cieli stessi proclamano col furore la morte di principi.
CESARE: I codardi muoiono molte volte prima della loro morte; i valorosi non assaggiano la morte che una volta sola. Di tutte le meraviglie che abbia mai sentito, la più strana, mi sembra, che gli uomini debbano avere paura, dato che la morte, fine necessaria, verrà quando vuole.

In questo estratto dell’opera è messo in evidenzia l’attaccamento di Cesare e Calpurnia alla vecchia mentalità: Cesare mostra un’incrollabile fiducia nella forza dell’uomo (che in Shakespeare viene a mancare), ed è destinato a morire; Calpurnia invece rappresenta la paura dell’uomo di fronte ai fenomeni della natura che non può capire e che diventano quindi presagi oscuri.


RE LEAR

In questa tragedia i fenomeni celesti rivestono una notevole importanza: non solo sono si confrontano due modi opposti di interpretarli, quelli di Gloster ed Edmund, ma servono anche alla datazione del testo. 
Per datare la tragedia Re Lear,infatti,  si può far riferimento alle allusioni alle ”recenti eclissi di sole e di luna” citate nell’atto primo, scena seconda della tragedia: infatti ci fu un’eclissi di luna nel settembre 1605, seguita da una di sole in ottobre. Siamo nell’atto secondo, dopo la scena della divisione del regno che Re Lear fa tra le sue tre figlie; così come re Lear non si accorge della sincerità della figlia Cordelia, di fronte alle simulazioni delle altre due figlie, allo stesso modo, in questa scena, il conte Gloster, che ha due figli (uno legittimo, Edgar e uno illegittimo, Edmund),non si accorge della cattiveria di Edmund: quest’ultimo, per gelosia, cerca di metter il fratello legittimo in cattiva luce agli occhi del padre per strappargli i suoi beni e insinua il dubbio. Gloster, che appartiene alla vecchia generazione legata alle credenze popolari, nel dialogo con il figlio esprime la convinzione che le eclissi siano portatrici di male:
“Queste recenti eclissi di sole e della luna non ci preannunciano nulla di buono. Benché la scienza naturale le spieghi razionalmente, la natura stessa rimane colpita dalle conseguenze: gli affetti si raffreddano, l’amicizia cessa, i fratelli si inimicano…si infrange il vincolo tra figlio e padre”.

Quando il padre esce, il figlio Edmund commenta, invece, in chiave moderna le credenze del padre: ”E’ questa la suprema stupidità del mondo, che quando ci sta male la fortuna…attribuiamo la colpa delle nostre disgrazie al sole, alla luna, e alle stelle, come se noi fossimo stupidi per coercizione celeste…Mirabile scappatoia per l’uomo puttaniero imputare i suoi istinti da capro a una qualche costellazione.”

Si noti come il portatore di una mentalità più scettica e più scientifica, Edmund, sia anche un personaggio negativo