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I ROMANI
Tratto
da: www.activitaly.it
Di buon’ora, appena sveglio e
senza neanche lavarsi le mani, il Romano consuma uno dei due
pasti della giornata, una colazione sostanziosa a base di pane
e formaggio, frutta e carne. Si tratta spesso degli avanzi
della cena del giorno prima, che gli invitati ad un banchetto
possono portarsi a casa in un cestino.
Sbrigati i primi
affari, si dedica al prandium, lo spuntino della tarda
mattinata, sobrio e veloce. L’evento culinario della
giornata si svolge invece al pomeriggio, quando il Romano
abbiente, dopo il consueto bagno alle terme, e quindi verso le
tre o le quattro del pomeriggio, si siede comodamente a tavola
fino al calare del sole. Qui le portate sono numerose, fino a
sei, ognuna con una serie svariata di piatti. Nella cena
normale dopo l’antipasto - gustatio - seguono le portate
principali di carne e pesce e si chiude con le secundae mensae,
cioè i dessert. La serata continua con il simposio, in cui
alla mescita di vino - sempre annacquato - si accompagna
ancora qualche cibo, come i porri, che stimolano la voglia di
bere.
L’alimentazione romana di
epoca arcaica e repubblicana è sobria, a base di legumi,
cereali, formaggio e frutta ; con la conquista dell’Oriente,
invece, almeno sulle mense ricche, arrivano nuovi ingredienti
da tutte le province.Accanto al pane quotidiano, alla puls
(sorta di polenta condita), alle grandi quantità di lupini,
lenticchie, ceci e soprattutto fave, oltre a lattughe, cavoli
e porri, fichi, mele e pere, incominciano ad essere consumati
anche cibi di lontana provenienza, come le ciliege.
Il
Romano povero, ovviamente, non ha accesso ai cibi importati e
costosi e in casa non ha neanche il triclinio. Egli continua
la tradizione antica di pasti frugali ed economici.
Il Romano ricco, invece, come ci tramandano abbondantemente le
fonti, offre frequentemente banchetti, cui partecipano decine
di amici e clienti. Qui i cibi sono vari, cucinati con cura ed
anche molto elaborati.
Sono molto apprezzate le uova di anitra, piccione e pernice e
molto consumato è il pesce, fresco o in salamoia. Ancora
più diffuso, però, è sicuramente l’olio d’oliva.
Si
mangia raramente carne bovina, più spesso carne ovina e
caprina, e comune è il maiale, del quale si è imparato a
sfruttare ogni parte. Il consumo di insaccati è enorme e
apprezzata la carne di volatili - da cortile e da voliera -
prodotta intensivamente nelle ville rustiche o cacciata,
insieme a selvaggina più grande, come cinghiali, daini, cervi
e caprioli. Una delle caratteristiche fondamentali della
cucina romana è l’accostamento di gusti opposti, del
piccante con il dolce, del dolce con l’aromatico; per questo
noi non troveremmo poi così gradevoli gran parte delle
ricette che ci sono pervenute.
Tratto
da: www.activitaly.it
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