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In questa sezione:


IL MONTAGGIO



Terminate le riprese il regista si trova fra le mani migliaia di metri di pellicola da sviluppare, stampare, selezionare, tagliare e disporre in un ordine coerente. Il montaggio è la fase produttiva durante la quale i vari spezzoni di pellicola sono uniti fra loro in modo da ottenere una sequenza dotata di significato. Se il regista ha utilizzato "una sceneggiatura di ferro" anche il montaggio diventa una questione di ordinaria amministrazione. Dopo che il regista avrà selezionato i ciak che preferisce, non gli resterà che passarli al montatore il quale dovrà seguire le indicazioni della sceneggiatura e dello story-board. Nella maggioranza dei casi il montaggio è ellittico: comporta una contrazione temporale che omette tutto ciò che lo spettatore non deve vedere e sapere perché rovinerebbe le sue aspettative o è giudicato inutile al progredire della storia. Il montaggio può essere anche alternato, si susseguono inquadrature di eventi che si svolgono nello stesso momento ma in luoghi diversi. 
Considerato fin dall'inizio del '900 elemento specifico e caratterizzante del linguaggio cinematografico, il montaggio è stato tuttavia interpretato nella storia in modi diversi, a seconda delle differenti scuole cinematografiche. Al montaggio detto invisibile, che ha dominato la produzione holllywoodiana "classica ", si oppone ad esempio il montaggio connotativo proposto dai formalisti russi e Ejzenstejn. Se attraverso il montaggio invisibile si può dare una sicura rappresentazione della realtà, Ejzestejn sostiene al contrario che ciò che conta veramente è la sua interpretazione realizzabile grazie a giustapposizioni e i "conflitti" di inquadrature.
Questo concetto può essere spiegato con un esempio tratto da "Tempi moderni" di Charlie Chaplin
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