L'uomo e le stelle

 

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L'uomo e il cielo

 Messaggi dall'infinito
 Superare i confini
 Speranza e inquietudine

 

Nel corso dell'anno scolastico 2003\2004, la classe 1G ha letto alcuni testi in poesia e in prosa, ha analizzato diversi film e preso in considerazioni molti aspetti del rapporto tra l'uomo, il cielo e tutto ciò che in esso è contenuto. Queste sono le nostre considerazioni finali,  sulle quali ci piacerebbe aprire un ampio dibattito. Chi è interessato a inviare considerazioni in merito a questo argomento può scriverci....
Il testo è stato suddiviso nei tre nuclei tematici che seguono: 

Messaggi dall'infinito

Da sempre gli esseri umani hanno rivolto lo sguardo al cielo per trarne informazioni, ma anche emozioni straordinarie. L'alternanza di giorno e notte e il corso degli astri hanno aiutato gli uomini di ogni epoca a scandire il tempo, regolare i lavori agricoli, dirigere il loro cammino, quindi la capacità di interpretare i messaggi del cielo riveste da sempre un'importanza pratica fondamentale. 
Altrettanto importante, non dal punto di vista pratico ma da quello psicologico ed artistico, è l'interpretazione del significato simbolico del cielo e dei corpi celesti che, non a caso, sono sempre stati una fonte primaria di ispirazione per i poeti e i pittori. I colori del cielo esprimono diversi sentimenti: l'azzurro indica la purezza e la felicità, mentre il grigio e il nero suscitano tristezza e malinconia. Il tramonto e l'alba, momenti di transizione verso la notte e il giorno, sono sempre stati interpretati dai poeti come momenti di meditazione. Questa suggestione è particolarmente forte nella descrizione della sera, ad esempio in Dante, Foscolo e Leopardi, come passaggio dal giorno, luminoso e colorato, alla notte, buia e minacciosa, ma anche capace di far volare la nostra fantasia. Il cielo notturno, nel quale splendono moltissime stelle, ci fa sentire minuscoli rispetto all'infinità dell'Universo ed esercita una forte suggestione sugli artisti, sugli scienziati e anche sull'osservatore comune. La notte inoltre, occultando ciò che normalmente è ben visibile, da un lato accentua la nostra inquietudine e il timore di pericoli ignoti, dall'altra ci fa sentire diversi, ci aiuta a prendere contatto con la parte più segreta di noi stessi e facilita la trasgressione.

Superare i confini

Tutte le civiltà hanno sempre cercato di familiarizzare con il cielo tracciando linee immaginarie per unire le diverse stelle in modo da raffigurare particolari immagini, le costellazioni, alle quali sono stati dati spesso dei nomi e una storia legati alla mitologia e alla religione. Si credeva infatti che il cielo, privo di confini e posto al di sopra di tutto ciò che accade in questo mondo, fosse la naturale dimora degli dei, dalla quale essi benedivano o minacciavano gli esseri umani. Per questa ragione è sempre stato visto come una meta da raggiungere per condividere il senso di infinità e di onnipotenza che esso ispira, come un luogo di perfezione ideale in cui tutte le domande trovano risposta e il dolore non esiste più. In questo senso è corretto dire che il cielo rappresenta, nella letteratura, nella pittura e nel cinema, la speranza di vita migliore, di redenzione dal male e di felicità duratura; così come l'impossibilità di contemplarlo o la presenza delle nuvole rappresentano l'angoscia disperata di chi si sente senza via d'uscita. Dunque il cielo non è solo un elemento del paesaggio, più o meno pittoresco, ma, in molti testi, diventa la manifestazione visibile degli stati d'animo dei personaggi o, più raramente, del loro contrario. Per tutti questi motivi, moltissime religioni collocano in cielo non solo la sede di Dio, ma anche il Paradiso, luogo in cui i buoni sono premiati con la felicità eterna e immaginano i messaggeri della divinità come creature alate. Non per nulla gli uomini provano da sempre una grande invidia per gli uccelli, che nei testi poetici sono spesso carichi di significati simbolici, ma si rendono conto che l'aria è un elemento proibito, quasi oggetto di un divieto morale, come dimostra la triste fine di Icaro. Forse proprio questa invidia ha spinto l'uomo ad imitarli, arrivando a costruire edifici sempre più alti e mezzi di trasporto che gli consentono di volare, ma rimane naturalmente inferiore agli uccelli, perché il suo non è un volo libero come il loro. Bisogna sottolineare, tuttavia, che l'uomo è riuscito a spingersi al di là dell'atmosfera, luogo proibito per chi non è padrone della tecnologia, ad arrivare sulla luna, (anche se qualcuno ne dubita) e a raggiungere con i satelliti artificiali gli altri pianeti del sistema solare. La nostra fantasia però non ha confini e ci induce ad immaginare viaggi nella galassia "alla ricerca di strani mondi", come si dice nel prologo dei film di Star Trek, proiettando sulla volta del cielo le peregrinazioni di Ulisse o la rotta degli Argonauti. 

Speranza e inquietudine 

D'altra parte, il buio della notte e la sensazione di un infinito vuoto e lontano (il "concavo cielo" di Pascoli) possono farci sentire soli, insignificanti, esposti al pericolo di ignote minacce. Ecco perché noi umani abbiamo sempre pensato che nell'universo esistessero altre forme di vita, perfino sul suolo lunare, fino a quando non si è costatato il contrario. Tali creature, quando non sono state interpretate direttamente come divinità da rendere amiche, sono diventate dei visitatori che giungono a noi da luoghi lontanissimi, per portare un messaggio di speranza o, più frequentemente, la distruzione dell'umanità. Si tratta di un filone della fantascienza spesso associato al tema del viaggio nello spazio: quello del contatto con gli alieni, nei quali si incarnano il senso di colpa per la distruzione ad opera degli occidentali di civiltà militarmente meno evolute e il terrore del conflitto tecnologico, che la fine della guerra fredda non è riuscita a placare. A questo riguardo è necessario tenere presente che la letteratura ha dovuto cedere il passo al cinema, il quale si è occupato del cielo, offrendone un'ampia gamma di interpretazioni, soprattutto nell'ambito della fantascienza, che in questi ultimi anni ha riscosso un grande successo. Nel cinema fantascientifico, come in tutti i generi letterari, i riferimenti al cielo cambiano a seconda dell'epoca, infatti le conoscenze astronomiche sono aumentate col passare degli anni e la tecnologia si è evoluta molto rapidamente. Ad esempio, nella letteratura contemporanea, la Luna non ha più un aspetto dolce, invitante, proprio perché non costituisce più un mistero per noi; i film di fantascienza prendono in considerazione mondi più lontani o l'intera galassia proprio perché l'uomo fantastica più agevolmente su ciò che sfugge alla sua esperienza. Queste fantasie diventano spesso incubi: da sempre l'uomo teme che l'influenza del cielo sulle sue vicende personali e sulla storia possano essere nefaste: catastrofi naturali, epidemie, influssi negativi sono sempre stati interpretati come effetto della disposizione degli astri in cielo e, in ultima analisi, dell'ira di Dio per i nostri peccati. Per questo motivo, se da un lato associamo la capacità di vedere il cielo alla speranza, dall'altro temiamo che proprio dal cielo possa venire la sua distruzione, l'Armageddon, sotto forma di catastrofe naturale, come la caduta di un meteorite o lo scoppio di una supernova oppure di invasione di alieni ostili. E se abbiamo, tutto sommato, buone prospettive di non fare la fine dei dinosauri, se contiamo sulla bassa probabilità di un'esplosione stellare nei nostri paraggi e ci affidiamo agli ostacoli che la teoria della relatività pone sulla strada dei nostri potenziali invasori, non possiamo certo ignorare il fatto che a mettere fine all'esistenza della civiltà terrestre, se non saremo stati noi, sarà proprio il sole, che per miliardi di anni avrà fatto prosperare la vita, tanto da diventare per l'uomo l'immagine stessa di Dio.
Se vogliamo garantirci una sopravvivenza di qualche miliardo di anni prima di un'eventuale, biblica migrazione, dobbiamo evitare il rischio che l'umanità si autodistrugga, ed accettare un'importante verità, questa volta di natura psicologica, che alcuni film di fantascienza colgono perfettamente: ovunque vada, anche nei luoghi più remoti dell'Universo, l'uomo cerca e trova soprattutto se stesso, con le sue certezze e le sue inquietudini. Questo tema, già presente in 2001 Odissea nello spazio troverà espressione compiuta e un'originale interpretazione in Solaris: i pericoli che gli astronauti incontrano sul pianeta lontano sono prodotti dal loro inconscio, generati dalle loro paure e dai loro conflitti irrisolti. La morale è che l'uomo può diventare il peggior nemico di se stesso, a meno che non impari a conoscersi bene, ad affrontare con coraggio e placare i "mostri" che si nascondono nella sua mente: nosce te ipsum. 
Possiamo allora domandarci che cosa, davvero, la fantasia dell'uomo ha collocato in cielo con una lunga serie di racconti mitologici e fantastici. La risposta è semplice, ma anche sorprendente: sembra che abbia collocato proprio se stesso, o meglio, un'immagine di sé talmente ingigantita da proiettare la sua ombra su tutto l'Universo, ma non per questo tanto potente da riuscire a cancellare ogni suo dubbio e ogni sua debolezza. Che cosa cerca, quest'ombra nell'Universo, magari con l'aiuto dell'astrologia, come facevano gli antichi, o dei più straordinari ritrovati tecnologici del futuro? Probabilmente una risposta alle stesse domande che sulla Terra sono rimaste in sospeso. Chissà se da qualche parte riuscirà a trovarla.