Sii sincero

Se ciò che stai per dirmi mi ferirà, dillo comunque
Se credi che io non valga abbastanza, fammelo capire
Se mi stai tradendo, lascia delle tracce che possa intuire
Se sai che sto per morire, fammi stringere i denti e poi avvertimi

Quanti tra noi esigono niente di meno che questo da coloro a cui vogliono bene? Quanti altri invece vorrebbero non sapere: il giorno, l’ora, il luogo di tutto ciò, in fondo forse per non doversi domandare il perché?
Per gli uni la bugia è sempre e solo inganno, un modo subdolo con cui ci fanno del male; per gli altri è l’invenzione di un mondo un po’ più abitabile. Per i primi la bugia è l’inautentico a cui ci sentiamo condannati in contumacia, senza nemmeno poter tentare una difesa; per i secondi è la prima fila nel teatro della nostra vita che vede altri recitare solo per noi. Gli uni non vogliono ‘quel’ loro bene; gli altri non vogliono l’altrui nè la propria sofferenza.
Esistono allora anche le bugie buone, i non-detti per amore? Forse le troviamo nel trompe l’oeil dell’artista che ci rende piacevole uno sguardo anche se non conosceremo mai l’effetto che su di noi avrebbe fatto l’alternativa reale; forse nel tacito accordo tra attore e pubblico, perché quest’ultimo sa che si recita eppure non saprà mai se l’istrione possa essere davvero così anche giù dal palco, un inganno vero attraverso un altro dichiaratamente finto (e così autenticamente ingannevole). Lo sa forse la coppia affiatata, che nello spazio dei non-detti trova altri spazi di equilibrio di uno verso l’altro, intuendo la soglia oltre-la-quale-non. Potrebbero magari saperlo gli amici e le amiche quelle vere, che sanno guardare con un sorriso un po’ nascosto le strane strade con cui l’altro a volte gira intorno a loro, perché sanno di essere importanti anche quando nuove cose compaiono e bisogna riposizionarsi nella reciproca geografia.
La bugia buona, se ce n’è, lo sarà a queste due condizioni: che l’intenzione verso l’altro si chiami ben volere, ma soprattutto che la bugia sia sempre una parola penultima, provvisoria, giusto-il-tempo-di. Perché le sole buone intenzioni non bastano, non fanno più vera la vita dell’altro. Come una recita, uno schizzo a matita, uon scherzo, solo fin tanto che. Altrimenti la bugia diventa condanna dell’altro a vivere in serie B, in subordine rispetto alla nostra tranquillità; una menzogna che nel dirla dice male di chi la dice e, quando si resta soli nel proprio angolo, lo si sa e fa pure soffrire. E l’unica via di uscita è chiederne perdono. Sinceramente…

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