Quattro regine ha il mio mazzo di carte

Quattro regine ha il mio mazzo di carte.

La regina del regno di sotto. La regina del regno di sopra. La regina del regno che è altrove. La regina del posto in cui è.

La regina del regno di sopra si fa sempre annunciare per prima;
nei suoi occhi rincorre una cima, nei capelli un brillante di stelle,
sono aquile i nei sulla pelle della dama regale di cuori.
Sotto i piedi soltanto i dolori di chi ali non ha.

La regina del regno di sotto ama i fiori e le amare radici:
nidi al suolo di nere pernici, labirinti scavati nel fango.
Sua corona è un giro di tango con chi scende a saggiare la terra
per amore, per fame o la guerra. Ma paura non fa.

La regina del regno di altrove veste un abito chiaro di velo
da cui fugge a ogni moto del cielo; i suoi quadri hanno azzurri orizzonti,
i torrenti rincorron le fonti: la cornice d’invidia arrossata
non trattiene la gazza spiccata. E lontana lei è già.

La regina del posto in cui è non necessita un re. Le sue picche sono armi spuntate,
non invoca temibili armate, la sua forma descrive il disegno
che trasforma ogni luogo in un regno: il suo letto, un anfratto, il ruscello,
merli di un incantato castello. Dove lei dormirà.

Il re di cuori non ha ali. Lo chiamano Icaro per consolarlo. Il re di fiori non ha cuore. Si fa chiamare Ade, per suscitare timore. Il re di quadri ha solo un fiore rosso. Vorrebbe farsi chiamare Barbarossa, ma si chiama Barbablù. Il re di picche è chiunque abbia ali sognate dalla regina. Avrà quelle ali quando saprà scorgere in lei dormiente i tratti di una regina. Il re di picche non ha altri nomi che il tuo.

In ogni regno c’è un asso. È potente. A volte fa lobby con gli altri assi. È subdolo. Si associa alla cricca delle carte che poco valgono per stare nell’ombra, si traveste dal più piccolo di tutti e mira al potere che è sopra ogni re. Lo chiamano Amman. È come le banche. Ogni regno ha un popolo che è tutte le cifre, e quindi tutte le combinazioni. Di re e regine forse non c’è più bisogno. Ogni tanto spunta un jolly, ma non c’è da fidarsi.

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