in morte di s.

sul finire dell’estate tutto il paese segue con la stessa apprensione con cui si guarda un telefilm la scomparsa di una ragazza, dapprima inquietandosi per improbabili rapimenti, inorridendo infine per quanto è accaduto veramente e chi se ne è dichiarato l’autore. Come se fosse cosa inaudita, perché il nemico lo cerchiamo sempre fuori: dai nostri giri, dai nostri affetti, dai nostri; come se si volesse ogni volta scordare che – dati alla mano – la morte violenta si muove nella stragrande maggioranza dei casi tra le mura domestiche, dove dovremmo piazzare le telecamere a circuito chiuso che invece tanto ci tranquillizzano fuori dalle stazioni ferroviarie; così come ne uccide più la strada che il terrorismo e ciò nonostante vogliamo frontiere blindate ma non strade a scorrimento lento. Che almeno le innocenti vittime di tanta povertà culturale ed emotiva ci aiutino a riconoscere che del male tutti noi siamo capaci, e ad essere più giusti nei confronti di coloro che sono troppo facili da additare come colpevoli secondo i nostri schemi del tutto privi del principio di realtà, perché è sempe troppo facile indicare nel più brutto della classe il colpevole del nostro giocattolino rotto…

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