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Le Naturales Quaestiones

Le Naturales Quaestiones Seneca e le comete Conoscenza e superstizione Stella o prodigio? Il dissenso 
dagli Stoici
Le generazioni
future sapranno


www.people.auckland.ac.nz/ Frances/www.people.auckland.ac.nz/ Frances/
Il suicidio di Seneca

Seneca scrisse l’opera nel periodo che va dal 60 al 65 d.C., immediatamente prima del suo suicidio involontario. Ormai si era ritirato dalla vita politica quindi poteva dedicarsi alla filosofia in modo esclusivo scrivendo per il suo amico Lucilio le Lettere e le Naturales Quaestiones. Per Seneca la scienza deve condurre l’uomo alla perfezione morale mediante l’osservazione della natura; polemizzando con Posidonio, che attribuiva ai sapienti l’invenzione degli strumenti di lavoro, egli sostiene che ogni branca del sapere deve condurre a Dio, anche la scienza, in particolare l’osservazione del cielo. Egli dunque attribuisce importanza alla raccolta dei dati, ma non per formulare un’ipotesi, piuttosto per convalidarne una già formulata prima, secondo un metodo simile a quello che adotterà, ad esempio, un poeta come Leopardi. Questo modo di intendere la scienza potrebbe apparire del tutto “medioevale” al lettore moderno, ma nel testo di Seneca sono anche contenute idee di straordinaria attualità. Il VII libro, quello dedicato alle comete, riporta in chiusura il concetto senecano di progresso: per lui la conoscenza non ha limiti e le generazioni future si stupiranno del fatto che “tam aperta nos nescisse ” (abbiamo ignorato cose così evidenti).
Plinio il Vecchio, il celebre naturalista poco più giovane di lui, ha del sapere una visione per noi completamente superata: il sapere è un processo ormai concluso, in ogni campo è stato raggiunto il culmen: a noi tocca il compito arduo ma riduttivo di fare l’inventario del mondo. Ciò che separa Seneca dalla scienza moderna, ad esempio da Galileo ( che sulle comete commise un errore clamoroso) è la pretesa di poter far progredire la scienza con la pura forza del pensiero, senza fare ricorso ad esperimenti. Rimane però importante il problema di fondo da lui posto: il rapporto tra scienza da un lato, morale e relidione dall’altro, che ai nostri giorni è ancora d’attualità e conosce aspetti che a Seneca erano 
necessariamente ignoti. Un discorso simile aveva fatto prima di lui Cicerone che, nel “De divinatione”, aveva sostenuto che due sono gli elementi fondamentali della religio, per lui ben diversa dalla superstitio: il rispetto per le tradizioni della res publica e l’ammirazione per la bellezza della natura.

Caratteristiche 

L’ opera si occupa dei problemi posti allo spirito umano dalla natura.
E’ Divisa in 7 libri, l’uno indipendente dall’altro;
I libri sono accomunati dalla necessità di sottolineare il valore, la grandezza e il significato della ricerca fisica e di
rapportare la ricerca all’etica e alla dimensione esistenziale dell’uomo;

I temi dei diversi libri sono i seguenti:
LIBRO III: Seneca cerca di spiegare che lo studio della natura serve a non essere schiavi delle proprie debolezze e 
ci toglie da ciò che è basso e ci allontana dal corpo;
LIBRO IV: Seneca offre i suoi consigli. Egli, essendo un moralista, subordina lo studio della fisica all’etica, perché 
mezzo di elevazione e umanizzazione;
LIBRO V: vengono trattati fenomeni che riguardano la terra, l’aria, l’acqua ed il fuoco: non periodici ed innocui. 
LIBRO VII: “De cometis” Si occupa della natura delle comete ed accenna al dibattito riguardante geocentrismo ed eliocentrismo. 

Le fonti

Non conosciamo le fonti di informazione di Seneca, che non si servì direttamente dei testi degli autori più antichi, ad esempio Aristotele, ma di loro commenti ad opera di scrittori a noi ignoti. Probabilmente non si tratta di una fonte unica, ma di più fonti alle quali si aggiungono dati tratti dall’esperienza personale dell’autore come la cometa comparsa durante il regno di Nerone, descritta alla luce della teoria di Apollonio di Mindo.

Lo stile

La prosa scientifica di Seneca ha le stesse caratteristiche di quella filosofica, in particolare lo stile “drammatico” di cui parlano Marchesi e Traina, cha ha distinto nel suo linguaggio il momento dell’interiorità e quello della predicazione, che corrispondono a diverse fasi della vita dell’autore. Quando infatti il sapiente riesce a fare un passo avanti sulla strada della perfezione sottraendosi al mondo e rifugiandosi in se stesso, deve poi comunicare agli altri questo messaggio per incoraggiare chi vuole mettersi sulla stessa strada. Lo stile di Seneca conta sulla parola ad effetto, più che sull’organizzazione complessa del periodare classico, sulla sententia, cioè una breve frase che comunica una morale, quasi un proverbio. La struttura del periodo risulta invece asimmetrica e imprevedibile, con frasi accostate asindeticamente spesso per antitesi e l'utilizzo frequente della variatio , cioè di un cambiamento in un contesto apparentemente simmetrico. Ricordiamo anche altri strumenti della prosa ad effetto:

Il linguaggio della scienza non è freddo e impersonale, utilizza infatti non solo un lessico molto vario, tratto dalla vita quotidiana ma anche dai proverbi, dal linguaggio giuridico e militare, ma fa appello anche alla poesia, attingendo ai grandi modelli quali Lucrezio, Virgilio, Ovidio per imprimere alle Naturales Quaestiones un certo color poeticus.

La fortuna

L’opera non fu molto n0ta nell’antichità, anche se circolò negli ambienti cristiani; il trionfo delle teorie aristoteliche poi tolse credibilità al suo settimo libro. A partire dal XIV e XV secolo i manoscritti dell’opera si diffondono; essa era nota a Petrarca e Boccaccio (non si sa se anche a Dante); venne poi citato sempre più frequentemente negli scritti degli scienziati del Seicento, per i quali si rimanda alla sezione specifica. Successivamente ricordiamo, oltre a Goethe, il già citato  Leopardi.