(tra parentesi)

 

 Le vacanze, finalmente. Chiamiamola pure parentesi estiva, ma con non troppa leggerezza.

Intanto la parentesi si apre ma in quel momento evoca già la chiusa; è l’inizio che contiene la fine, come ogni inizio del resto. E soprattutto viceversa, ogni fine porta sempre dentro di sé l’inizio quale che sia stato il seguito. Che vuol dire rimpallare la questione a quanto si è pessimisti o ottimisti. 

      Tra l’inizio e la fine quante cose da risolvere, da specificare o da lasciare lì in sospeso, in ogni caso quanta vita. Ecco perché le parentesi hanno una forma sempre contenitiva: concava di qua o di là la tonda, più spigolose le quadre, arzigogolate e quasi bizantine le graffe ma tutte capaci di adattarsi. Come il flanellone della nonna, come la corteccia dell’albero, come la nostra pelle.     

  Non la metti così come capita, la parentesi: dalle {[(matrioske)]} dei  matematici alla più rassicurante (tonda e gentile) dei  letterati, essa definisce le cose del mondo, i numeri i pensieri ed il loro ordine. Ma al pari di tutto ciò che si usa per distinguere, dai tempi delle presunte razze di de Gobineau e anche molto prima, anche le parentesi finiscono per costruire gerarchie: all’interno le cose più trascurabili, fuori quelle essenziali; hai mai sottolineato qualcosa tra parentesi? (a meno che tu non sia di quelli che evidenziano di giallo tutto il libro, ma quella è arte totale). Eppure, se quelle cose ce le metti dentro, saranno anche meno importanti nel modo diffuso di classificare le cose ma tu ci tieni a farle sapere: e allora le parentesi diventano un accogliente scrigno di perle non necessarie ma assai preziose, come tutto ciò che rende più bella e intrigante la vita, tra la mera sopravvivenza e quel tutto che è troppo per sperarne qualcosa.

Non sappiamo se le parentesi siano sorelle oppure coppie di innamorati: troppo simmetriche per essere innamorate, troppo simili per essere sorelle a meno che non siano gemelle (e monozigoti, tra parentesi). A volte sembrano i tradizionali gendarmi, troppi quando sono in tre e pochi se lasciati soli con Pinocchio, due giusto per le barzallette. O forse è solo qualcuno che si guarda allo specchio indovinando però la differenza che c’è tra sé e la sua immagine e riempie quello spazio con lo sguardo di altri.

 

Ci sono le parentesi usate a scopi diversi: le zitelle postnumeriche 1) 2) 3) 4) degli elenchi puntati e numerati, e che sfiga non poter fare quello per cui hai studiato. O quelle schiaffate a fare la bocca di quelle facce da schiaffi che sono gli emoticons: condannate a fare il sorrisino a vita che anche un sofficino findus prova pena per loro. 🙂

Ci sono quelli che parlando ne aprono tante di parentesi, e si scordano di chiuderle e così divagando fanno prendere aria al logos; discorsi sospesi come un ponte tibetano capace di vibrare ad ogni colpo di vento, sentieri interrotti nella ricerca di un senso che non è mai un senso unico.

Eccole, le parentesi: una piccola cosa nel mondo ma capaci, in due, di contenere un mondo dentro. O almeno un’estate. Tra parentesi: buone vacanze!

   

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