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LA SOLITUDINE

 

Gran parte del testo che segue proviene dal sito http://www.psicoanalisi.it  Noi l'abbiamo adattato alle nostre esigenze.

Definizione Tipi Reazioni Si può sfuggire? Capacità di essere soli Percorsi scelti

Il termine solitudine rimanda alla parola “separare” composta da “se” e “parare”.                                              La prima indica “divisone”, la seconda “parto”. Il termine solitudine rimanda alla separazione del nascituro dalla madre con la conseguente perdita di uno stato particolare. La stessa parola solitudine ricorda all’uomo la perdita che ha vissuto, in quanto ne rappresenta l’evento avvenuto. 

Tutti gli uomini, nel corso della loro vita, sono venuti a contatto con la solitudine, e confrontandola con gli altri, si sono resi conto che ne esistono più tipi. Ognuno di noi ha un modo proprio di rappresentarsela, di viverla e e anche d'immaginarsela. Esiste dunque una solitudine diversa per ognuno di noi. Colpisce tutti gli uomini, non si può eliminare, e come una compagna fidata ci accompagna per tutta la vita, per i più fortunati essa può costituire addirittura la strada per ricercare se stessi. 

La solitudine esiste prima dell'uomo, non è nascosta, ma facilmente visibile, essa è una condizione spiacevole, a volte spaventevole, spesso un nemico da cui fuggire. Pensando al mondo in cui viviamo non risulta difficile trovare esempi di solitudine.
Pensiamo ai milioni di bambini abbandonati nel mondo che vagano soli, senza una meta precisa.
Quanti sono i nostri vecchi abbandonati nelle case vuote?
Quante famiglie, sempre più estranei gli uni agli altri, vivono isolate nell’orrore della televisione?
Quanti ragazzi sono soli, nella prigione dorata del loro Lettore cd?
Quante persone, robotizzate dal lavoro, dalla paura del licenziamento, della disoccupazione, sono costrette ad una solitudine forzata?
La solitudine, non risparmia nessuno. Dio stesso, essendo uno, è solo.  

Di solitudine ne esistono diversi tipi

  • La solitudine forzata, è imposta dalla stessa vita. La prigionia, le segregazioni in celle d'isolamento, l’abbandono di una persona cara, le prigionie di guerra, le privazioni o le limitazioni sensoriali, dovute ad esempio a certe malattie (cecità, sordità, interventi chirurgici deprivanti), sono solo alcuni esempi di solitudini forzate.

  • La solitudine voluta e ricercata. Quella del creativo o di chi, nella quotidianità, sente il bisogno di ricercare un momento suo, per recuperare le energie, per ritrovare un momento di pace nell'affanno della vita, quando, invece, non è altro che una fuga dalle situazioni che non riesce a gestire.

  • La solitudine imposta dalla società. I mezzi di comunicazione, i mass-media, gli slogan pubblicitari che invitano ad isolarsi, esprimendo modi di vita che accentuano l’individualismo. Questi messaggi alimentano la fuga e la ricerca di un rifugio che limita la crescita e lo sviluppo dell’autonomia individuale.  

  • Esiste ancora una forma di solitudine, quella più semplice, di tutti i giorni, che si realizza come via di fuga dalla tensione della vita quotidiana. Alcune persone isolandosi riescono ad evitare un leggero stato di depressione.
    E questo permette una vera e propria fuga dalla malattia mentale. Le persone dedite prevalentemente al lavoro, sembra che non ne possano fare a meno. Per loro, forse, l’incapacità di reggere le emozioni di una relazione umana alla pari, le spinge alla solitudine. Spesso queste persone appaiono fredde, distaccate, ma è solo una conseguenza, volta a mascherare la debolezza e la vulnerabilità verso gli altri. 

Le reazioni sono le più disparate e a volte le più paradossali. 

Per non ripetere l’esperienza della solitudine, l’uomo è disposto a tutto: alla guerra, ad abbandonare, per non sentirsi solo, ad uccidere, per non sentirsi morire dentro. La solitudine contiene sia la depressione sia la reazione, sia la fuga sia la ricerca. La solitudine non è solo disperazione ma anche speranza e forza, conquistata nel riconoscimento di una propria individualità. Esiste dunque una felicità nella solitudine.  

Non sempre l'uomo può sfuggire dalla solitudine: 

benché la società la disprezza, esistono condizioni che impongono alle persone la solitudine. In questo caso all’uomo non rimane altro che soccombervi o servirsene. Nel caso della solitudine forzata essa è diventata, per qualche personaggio della storia, la condizione che ha permesso l’espressione della fantasia. Tant’è che alcune delle più grandi espressioni artistiche sono nate in condizioni d’isolamento. Dostoevskij, trovando in sé risorse spirituali che gli permisero di sopportare la prigionia, scrisse memorabili opere. Beethoven, la cui sordità l'ha portato ad isolarsi dal mondo, ha potuto sviluppare una grande sensibilità interiore, le sue opere più belle hanno visto la luce nel silenzio.

Si parla molto del desiderio e della paura della solitudine, poco della capacità d’essere soli. 

Durante il nostro sviluppo psicofisico, se non abbiamo subito dei traumi gravi, dall’infanzia ad oggi, abbiamo sperimentato un essere soli anche in presenza dell’altro. La fiducia ci ha permesso di controllare la solitudine e di riconoscere i sentimenti che animano la nostra mente e di esprimerli.
Costruire un momento di solitudine e di silenzio aiuta la persona a ritrovare se stesso nell’oceano della vita. Il saper star soli, rappresenta una preziosa risorsa. Permette agli uomini di entrare in contatto con i propri sentimenti più intimi, di riorganizzare le idee. L'uomo non può uscire dalla solitudine ma ha imparato a conviverci.  

Ognuno di noi, con le proprie capacità e con le proprie convinzioni, ha cercato una via e tracciato dei percorsi. Questi percorsi si possono ridurre in quattro casi.

  • Persone che hanno delegato a Dio la loro stessa vita, consapevoli che esiste una forza più grande dell’uomo, sempre disposta ad operare per la crescita umana. Sono le persone che all’apparenza soffrono meno della solitudine, per loro la fede.

  • Persone che hanno trovato un equilibrio nel rispetto delle norme, dei precetti morali e nel rispetto di sé e degli altri. Sono persone che soffrono molto le ingiustizie, perché queste le rendono sole.

  • Persone che avvertivano il bisogno di condividere con altri la propria solitudine esse sono molto orientate alle relazioni esterne, amanti della vita sociale, ricevono calore e sostegno in gruppo.

  • Persone che hanno avuto il coraggio di chiedere aiuto, consapevoli che metabolizzare la solitudine è un percorso di ricerca continuo, che dura tutta la vita e che spesso rievoca i grandi dolori vissuti.


 

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