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Saturno e Giove 
secondo Igino


Agostino Duccio -  Studio per Saturno 1454

dalle Fabulae di Igino

 Quale Igino? Biografia  Opere  Commento
Giove sottratto
a Saturno
Saturno non scopre il nascondiglio di Giove Giove sconfigge Saturno

Uno o due Igini? I dati biografici di questo autore sono molto incerti e diversi studiosi ipotizzano che esistano due Igini: uno sarebbe il  liberto di Augusto, direttore della biblioteca palatina, l'altro l'autore di opere mitologiche e astronomiche. Infatti, le raccolte di leggende a noi pervenute con il nome di Igino, per ragioni di lingua e stile, sembrano risalire all'età degli Antonini (II-III d.C.) Se le cose stessero così, come sembra molto probabile, l'autore delle "Fabulae" sarebbe persona di cui non si conoscono i dati biografici. Per altri invece è esistito un solo Igino, quello del quale riportiamo in breve la vita e le opere.

Gaio Giulio Igino - (I sec. a.C. -I d.C.)
Di origine spagnola, visse ad Alessandria, poi venne portato a Roma come prigioniero dopo la prima occupazione della capitale egiziana da parte di Cesare, nel 48 a.C. Augusto lo liberò e gli attribuì, come di consueto, nomen ed il praenomen; successivamante gli offrì incarichi importanti nell'amministrazione imperiale e lo nominò direttore della Biblioteca Palatina. Caduto forse in disgrazia negli ultimi anni di vita, Igino morì in miseria.

Opere certe
De vita rebusque illustrium virorum, opera biografica. Nel De familiis Troianis illustrava le vicende delle più antiche famiglie patrizie che sostenevano di risalire ai troiani sbarcati con Enea, mentre gli Exempla, come le opere di Nepote, e Valerio Massimo, narravano fatti notevoli della vita di personaggi storici per i retori.
De origine situque italicarum urbium: excursus sulle origini e caratteristiche di alcune città italiche.
De proprietatibus deorum; De dis Penatibus: trattati teologici scritti nell'ambito della restaurazione augustea delle antiche tradizioni.
Commentarii; commenti ad opere letterarie, tra le quali quelle di Virgilio
De agri cultura, De apibus: trattati tecnici

Opere di attribuzione incerta
Fabulae: raccolte di miti e leggende
De astronomia: noto anche come Astronomia poetica, è una raccolta di 4 libri in cui si descrivono i miti legati agli astri, con una superficiale trattazione astronomica generale.

Giove sottratto a Saturno 
Fabulae, 138


Giove

Iovi mater fuit Rhaea, Saturni uxor. Saturnus autem omnes filios suos crudeliter vorabat. Rhaea igitur Iovem, vix natum, fideli ancillae secreto commendavit. Ancilla infantem in insulam Cretam asportavit atque in abdito specu occultavit. Specus latus erat et profundus; saxei parietes hedera densa erant vestiti. Ibi multae nymphae habitabant: parvulum deum exceperunt et in cunabulis aureis collocaverunt. Divino infanti Amalthaea capra dedit lac purissimum et apes benigne mel dulcissimum confecerunt. Quotidie columbarum agmen e mari in speluncam advolabat et ambrosiam Saturni filio praebebat. Quotidie etiam de summis montibus devolabat aquila magna et sacra illa avis suavissimum nectar, deorum dearumque potionem, infanti suppeditabat. Sic nutritus est, ut deus immortalis, Iuppiter.

La madre di Giove fu re, moglie di Saturno, il quale tuttavia divorava crudelmente i suoi figli, perciò Rea consegnò in segreto Giove appena nato ad un'ancella fidata, che portò il bambino nell'isola di Creta e lo nascose in una caverna segreta. La caverna era alta e profonda, con le pareti rocciose coperte di densa edera. Lì abitavano molte ninfe: accolsero il dio bambino e lo misero in una culla d'oro. La capra Amaltea gli diede latte purissimo e le api gli prepararono benevolmente miele soave. Ogni giorno uno stormo di colombe volava dal mare alla grotta e offriva l'ambrosia al figlio di Saturno; anche una grande aquila, uccello sacro, scendeva ogni giorno dalle cime dei monti e portava il dolcissimo nettare, bevanda delle divinità. Così, come un dio Immortale, fu nutrito Giove.

Saturno non scopre il nascondiglio di Giove
Fabulae, 139

Saepissime quidem Saturnus pater e summo Olympo vagitum infantis paene audivit. Numquam tamen dolus matris proditus est. Semper enim accurrebant opportune Corybantes, seduli Rhaeae ministri. Hi circum Iovis cunabula saltabant, super puerulum aeneos obtendebant clipeos eosque magnis gladiorum ictibus feriebant. Sic vocem infantis strepitus ingens vincebat et Saturnus filii sui vagitum audire prohibebatur. At mox haec fraus supervacanea fuit. Grandis enim firmusque divinus puer in sua latebra citissime evaserat. Iam digna deo erant eius oblectamenta. In primis fulminum iactu, innoxiorum scilicet, maxime delectabatur. Nam Cyclopes ignea tela illi excudebant, eaque per ludum libentissime mittebat Iuppiter.

In molte circostanze il padre Saturno, dalla sommità dell'Olimpo, fu sul punto di udire il vagito del bambino, tuttavia l'inganno della madre non fu mai svelato. Infatti accorrevano sempre tempestivamente i Coribanti, solerti servi di Rea, i quali danzavano intorno alla culla di Giove, stendevano sul bambino scudi di bronzo e li facevano risuonare con forti colpi delle loro spade. In questo modo il grande rumore copriva la voce del bambino e impediva che Saturno sentisse il vagito del figlio. Ma presto questo inganno divenne inutile, infatti in breve tempo il fanciullo divino era cresciuto grande e sano nel suo nascondiglio e ormai i suoi divertimenti erano degni di un dio. Innanzitutto si divertiva moltissimo a scagliare fulmini, innocui si intende, infatti i Ciclopi forgiavano per lui dardi infuocati e Giove con gran piacere li scagliava per gioco.

Giove sconfigge Saturno
Fabulae, 141

Postquam Iuppiter adolevit, Saturnum patrem de caelo praecipitavit et fratribus sororibusque ab illo devoratis vitam restituit, quibuscum acerrimum bellum contra Saturnum et Titanes gessit. Iuppiter tandem victor evasit atque Saturnum cum Titanibus in tenebrosum Tartarum deiecit. Itaque Iuppiter totius orbis imperium obtinuit, quod cum fratribus divisit: maris regnum Neptuno, inferorum sedem Plutoni, caelum autem sibi attribuit; terra communis possessio fuit. Iove imperante homines aetatem argenteam degerunt, qua non, ut antea, ver aeternum habuerunt, sed quattuor tempora: ver, aestatem, autumnum, hiemem cognoverunt. Tum primum homines agros araverunt et antra habitaverunt.

Quando fu cresciuto, Giove precipitò il padre dal cielo e ridiede la vita ai fratelli e alle sorelle da lui divorati, con i quali condusse un'aspra guerra contro Saturno e i Titani, dalla quale alla fine uscì vittorioso e fece cadere gli avversari nel tenebroso Tartaro. Giove ottenne il dominio di tutto l'Universo che divise con i fratelli: assegnò il regno del mare a Nettuno, quello degli Inferi a Plutone e il cielo a se stesso; la terra fu possesso comune. Durante il regno di Giove gli uomini vissero l'età argentea, durante la quale non ebbero, come in precedenza, un'eterna primavera, ma conobbero quattro stagioni: primavera, estate, autunno e inverno. Allora per la prima volta gli uomini ararono i campi e abitarono nelle caverne.

Commento

Nella sua narrazione, Igino propone una versione semplificata della tradizione romana, richiamando elementi che compaiono più volte nella letteratura mitologica e che hanno sempre fornito spunti per racconti, digressioni e figure retoriche: la capra Amaltea, spesso interpretata come una ninfa, la danza dei Coribanti che percuotono gli scudi (ancilia), i primi divertimenti di Giove divenuti poi comportamenti abituali e assai più temibili, la lotta fra Titani, la sconfitta di Saturno e la fine della felice età dell'oro, quando "di latte sen' corse il fiume e stillò mele il bosco" (T. Tasso, Aminta). Lo stile molto dimesso della narrazione è uno degli elementi in base ai quali molti studiosi escludono che l'autore del testo sia il dotto bibliotecario di Augusto.