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Lingua e letteratura latina |
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Torna all'indice delle pagine in latino Saturno e Giove
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Quale Igino? | Biografia | Opere | Commento |
Giove
sottratto a Saturno |
Saturno non scopre il nascondiglio di Giove | Giove sconfigge Saturno |
Uno o due Igini? I dati biografici di
questo autore sono molto incerti e diversi studiosi ipotizzano che esistano
due Igini: uno sarebbe il liberto di Augusto, direttore della
biblioteca palatina, l'altro l'autore di opere mitologiche e astronomiche.
Infatti, le raccolte di leggende a noi pervenute con il nome di Igino, per
ragioni di lingua e stile, sembrano risalire all'età degli Antonini (II-III
d.C.) Se le cose stessero così, come sembra molto probabile, l'autore
delle "Fabulae" sarebbe persona di cui non si conoscono i dati
biografici. Per altri invece è esistito un solo Igino, quello del quale
riportiamo in breve la vita e le opere.
Gaio Giulio Igino - (I sec. a.C. -I d.C.)
Di origine spagnola, visse ad Alessandria, poi
venne portato a Roma come prigioniero dopo la prima occupazione della
capitale egiziana da parte di Cesare, nel 48 a.C. Augusto lo liberò e gli
attribuì, come di consueto, nomen ed il praenomen; successivamante gli
offrì incarichi importanti nell'amministrazione imperiale e lo nominò
direttore della Biblioteca Palatina. Caduto forse in disgrazia negli
ultimi anni di vita, Igino morì in miseria.
Opere certe
De vita rebusque illustrium virorum, opera biografica. Nel De
familiis Troianis illustrava le vicende delle più antiche famiglie
patrizie che sostenevano di risalire ai troiani sbarcati con Enea, mentre
gli Exempla, come le opere di Nepote, e Valerio Massimo, narravano
fatti notevoli della vita di personaggi storici per i retori.
De origine situque italicarum urbium: excursus sulle origini e
caratteristiche di alcune città italiche.
De proprietatibus deorum; De dis Penatibus: trattati teologici
scritti nell'ambito della restaurazione augustea delle antiche tradizioni.
Commentarii; commenti ad opere letterarie, tra le quali quelle di
Virgilio
De agri cultura, De apibus: trattati tecnici
Opere di attribuzione incerta
Fabulae: raccolte di miti e leggende
De astronomia: noto anche come Astronomia poetica, è una raccolta
di 4 libri in cui si descrivono i miti legati agli astri, con una
superficiale trattazione astronomica generale.
Giove
Iovi mater fuit Rhaea, Saturni uxor. Saturnus autem omnes filios suos crudeliter vorabat. Rhaea igitur Iovem, vix natum, fideli ancillae secreto commendavit. Ancilla infantem in insulam Cretam asportavit atque in abdito specu occultavit. Specus latus erat et profundus; saxei parietes hedera densa erant vestiti. Ibi multae nymphae habitabant: parvulum deum exceperunt et in cunabulis aureis collocaverunt. Divino infanti Amalthaea capra dedit lac purissimum et apes benigne mel dulcissimum confecerunt. Quotidie columbarum agmen e mari in speluncam advolabat et ambrosiam Saturni filio praebebat. Quotidie etiam de summis montibus devolabat aquila magna et sacra illa avis suavissimum nectar, deorum dearumque potionem, infanti suppeditabat. Sic nutritus est, ut deus immortalis, Iuppiter.
La madre di Giove fu re, moglie di Saturno, il quale tuttavia divorava
crudelmente i suoi figli, perciò Rea consegnò in segreto Giove appena
nato ad un'ancella fidata, che portò il bambino nell'isola di Creta e lo
nascose in una caverna segreta. La caverna era alta e profonda, con le
pareti rocciose coperte di densa edera. Lì abitavano molte ninfe:
accolsero il dio bambino e lo misero in una culla d'oro. La capra Amaltea
gli diede latte purissimo e le api gli prepararono benevolmente miele
soave. Ogni giorno uno stormo di colombe volava dal mare alla grotta e
offriva l'ambrosia al figlio di Saturno; anche una grande aquila, uccello
sacro, scendeva ogni giorno dalle cime dei monti e portava il dolcissimo
nettare, bevanda delle divinità. Così, come un dio Immortale, fu nutrito
Giove.
Saepissime quidem Saturnus pater e summo Olympo vagitum infantis paene audivit. Numquam tamen dolus matris proditus est. Semper enim accurrebant opportune Corybantes, seduli Rhaeae ministri. Hi circum Iovis cunabula saltabant, super puerulum aeneos obtendebant clipeos eosque magnis gladiorum ictibus feriebant. Sic vocem infantis strepitus ingens vincebat et Saturnus filii sui vagitum audire prohibebatur. At mox haec fraus supervacanea fuit. Grandis enim firmusque divinus puer in sua latebra citissime evaserat. Iam digna deo erant eius oblectamenta. In primis fulminum iactu, innoxiorum scilicet, maxime delectabatur. Nam Cyclopes ignea tela illi excudebant, eaque per ludum libentissime mittebat Iuppiter.
In molte circostanze il padre Saturno, dalla sommità dell'Olimpo, fu
sul punto di udire il vagito del bambino, tuttavia l'inganno della madre
non fu mai svelato. Infatti accorrevano sempre tempestivamente i Coribanti,
solerti servi di Rea, i quali danzavano intorno alla culla di Giove,
stendevano sul bambino scudi di bronzo e li facevano risuonare con forti
colpi delle loro spade. In questo modo il grande rumore copriva la voce
del bambino e impediva che Saturno sentisse il vagito del figlio. Ma
presto questo inganno divenne inutile, infatti in breve tempo il fanciullo
divino era cresciuto grande e sano nel suo nascondiglio e ormai i suoi
divertimenti erano degni di un dio. Innanzitutto si divertiva moltissimo a
scagliare fulmini, innocui si intende, infatti i Ciclopi forgiavano per
lui dardi infuocati e Giove con gran piacere li scagliava per gioco.
Postquam Iuppiter adolevit, Saturnum patrem de caelo praecipitavit et fratribus sororibusque ab illo devoratis vitam restituit, quibuscum acerrimum bellum contra Saturnum et Titanes gessit. Iuppiter tandem victor evasit atque Saturnum cum Titanibus in tenebrosum Tartarum deiecit. Itaque Iuppiter totius orbis imperium obtinuit, quod cum fratribus divisit: maris regnum Neptuno, inferorum sedem Plutoni, caelum autem sibi attribuit; terra communis possessio fuit. Iove imperante homines aetatem argenteam degerunt, qua non, ut antea, ver aeternum habuerunt, sed quattuor tempora: ver, aestatem, autumnum, hiemem cognoverunt. Tum primum homines agros araverunt et antra habitaverunt.
Quando fu cresciuto, Giove precipitò il padre dal cielo e ridiede la
vita ai fratelli e alle sorelle da lui divorati, con i quali condusse
un'aspra guerra contro Saturno e i Titani, dalla quale alla fine uscì
vittorioso e fece cadere gli avversari nel tenebroso Tartaro. Giove
ottenne il dominio di tutto l'Universo che divise con i fratelli: assegnò
il regno del mare a Nettuno, quello degli Inferi a Plutone e il cielo a se
stesso; la terra fu possesso comune. Durante il regno di Giove gli uomini
vissero l'età argentea, durante la quale non ebbero, come in precedenza,
un'eterna primavera, ma conobbero quattro stagioni: primavera, estate,
autunno e inverno. Allora per la prima volta gli uomini ararono i campi e
abitarono nelle caverne.
Nella sua narrazione, Igino propone una versione semplificata della
tradizione romana, richiamando elementi che compaiono più volte nella
letteratura mitologica e che hanno sempre fornito spunti per racconti,
digressioni e figure retoriche: la capra Amaltea, spesso interpretata come
una ninfa, la danza dei Coribanti che percuotono gli scudi (ancilia), i
primi divertimenti di Giove divenuti poi comportamenti abituali e assai
più temibili, la lotta fra Titani, la sconfitta di Saturno e la fine
della felice età dell'oro, quando "di latte sen' corse il fiume e
stillò mele il bosco" (T. Tasso, Aminta). Lo stile molto dimesso
della narrazione è uno degli elementi in base ai quali molti studiosi
escludono che l'autore del testo sia il dotto bibliotecario di Augusto.