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Mito e storia

 

Il mito di Marte

Popoli extraeuropei I Greci I Romani

Conclusione

Questo pianeta, associato fin dall'antichità alla guerra, ma anche alla forza vitale della natura, dal punto di vista astrologico è considerato il "piccolo portatore di disgrazia". Nonostante la sua fama sinistra, e'  associato spesso a Venere, dea della bellezza, formando così una coppia oppositiva che, legando strettamente amore e morte, garantisce la prosecuzione della vita  nell'Universo.
Nemmeno questa felice associazione può, tuttavia, cancellare del tutto il timore delle disgrazie che il pianeta rosso ha sempre evocato, non per nulla, dice un vecchio proverbio che riguarda i giorni della settimana :
"Né di Venere, né di Marte non si sposa e non si parte"

Gli antichi associarono il pianeta Marte al dio della guerra a causa del suo colore rossastro.
Il colore rosso aveva diversi significati simbolici: alcuni di natura più femminile, erano legati alla passione, ai sensi vivi e ardenti, al cuore; altri, più maschili perché richiamano l'idea del sangue e del combattimento.
Ancora oggi, presso molte tribù africane e amerinde, gli uomini si dipingono il volto di rosso per darsi vigore e forza, in molte epoche e paesi le donne hanno invece usato il colore rosso per stimolare l'interesse maschile. 
Nell'antichità si veneravano molte divinità legate alla guerra, che assumevano nomi diversi: a Babilonia era diffuso il culto di Ashur, in Grecia quello di Ares, che presso i Romani sarà adorato col nome di Mars. Come i Babilonesi, gli Assiri credevano in un dio creatore del cielo, della terra e degli uomini: Ashur, colui che governava tutti gli dei. Ashur in assiro e babilonese significa "benevolente", infatti egli aveva il compito di fissare i destini dei popoli, seguire l'esercito in guerra e nelle battaglie, garantendogli la vittoria. In genere veniva rappresentato come disco alato o lievitante in aria; a seconda dei casi era anche considerato protettore delle fertilità, quindi la sua rappresentazione cambiava e assumeva la forma di una capra circondata da rami.
Anche le popolazioni dell'Europa settentrionale veneravano divinità legate alla guerra: le tribù germaniche conoscevano una divinità chiamata Ziu, ma assai più noto è il dio Tyr  o Thor, che combatteva armato di uno speciale martello. In riferimento a questo si può osservare che, nella denominazione dei giorni della settimana, il "dies Martis" ha originato il nome del martedì nelle lingue neolatine; lo stesso ha fatto il nome di Tyr nelle lingue germaniche.


I Greci veneravano con timore Ares,  figlio di  Zeus ed Era, originario della Tracia, che veniva considerato il dio della Guerra perché credevano che con i suoi due figli e aiutanti Phobos (spavento) e Deimos (terrore) seminasse dovunque terrore e morte. Secondo una leggenda egli sarebbe stato procreato dalla sola Giunone, invidiosa di Giove che aveva dato la vita da solo ad Atena, balzata fuori dal capo del padre degli dei.
In questa cultura Ares è una forza rozza che si prende gioco della giustizia e dell'umanità, ma che tuttavia può apparire debole di fronte ai suoi rivali: Efeso, costringendolo in una situazione ridicola, lo vince; Eracle (famoso come Ercole) lo batte in combattimento, Diomede lo ferisce e lo costringe a tornare sull'Olimpo. Anche sua sorella Atena gli è superiore, infatti era la dea delle arti manuali e della guerra combattuta con intelligenza per difendere la pace e la giustizia.
Al contrario Marte amava i conflitti brutali e feroci, si entusiasmava alla vista di guerrieri ormai stremati e abbruttiti dalla guerra, che combattevano senza alcuna pietà per il nemico. Le altre divinità disprezzavano Marte a causa del suo comportamento nei confronti degli uomini, in quanto spesso egli si schierava indifferentemente con l'uno o l'altro esercito senza validi motivi, ma esclusivamente per la gioia di assistere ad atti violenti. Anche Isidoro da Siviglia, vescovo spagnolo vissuto tra il VI e il VII secolo, nella sua opera enciclopedica, le Etymologiae, riprende e conferma questa caratteristica di Marte, definendolo "adultero".
Nonostante il suo pessimo carattere, il dio divenne l'amante ufficiale di Afrodite, dea dell'amore, dalla quale ebbe vari figli: Cupido o Eros, Anteros, Deimos,  Phobos e Armonia. 

Presso i Romani, invece, Marte era molto più importante, il suo culto rivaleggiava con quello di Giove ed era legato anche ai riti propiziatori dell'agricoltura: ad esempio il primo mese primaverile (marzo) ha preso il nome da questo dio, in quanto i Romani celebravano le sue feste con l'arrivo del sole nel segno dell'Ariete.
La mitologia romana era l'insieme di credenze e rituali nati con la fondazione di Roma e sopravvissuti fino all'arrivo del Cristianesimo, che risentivano profondamente dell'influenza greca, infatti molti scrittori classici come Ovidio colmarono le lacune della tradizione romana introducendo nelle loro opere elementi di quella greca.

Le divinità romane erano divise in due categorie: gli dei "indigetes" e gli dei "novensiles", affiancati da divinità minori dette ausiliarie o custodi. I divi indigetes, dai culti dei quali traspare l'importanza che la guerra assumeva presso i Romani, rispondevano alle necessità della vita quotidiana e in loro onore si sacrificavano soprattutto animali. I novensiles, invece, erano  divinità di origine non romana, che si aggiunsero più tardi al pantheon latino.   Marte, identificato con il greco Ares solo in età più tarda ed era chiamato Mars, Marspiter o Mavors, oppure, presso i Sabini, Mamerte, apparteneva al primo gruppo. Con la progressiva assimilazione di Sabini e Romani, Marte venne associato alla dio guerriero Quirino, onorato dai Sabini; iniziò così la sua assimilazione al dio greco Ares, testimoniata anche dal fatto che gli venne attribuito il titolo di "Gradivus", cioè colui che avanza in guerra.
E' fondamentale però evidenziare il fatto che, all'inizio della storia romana, Marte fu considerato dio della natura, della primavera, della fertilità, protettore del bestiame, in particolare dei cavalli, largamente utilizzati in battaglia. Essendo marzo il mese in cui riprendevano non solo le attività agricole ma anche la guerra,  Marte assunse progressivamente la doppia caratteristica di divinità agreste e bellicosa, protettrice dei giovani e della forza. Gli erano sacri il ferro, col quale si costruiscono le armi, il granato e il rubino, entrambi di colore rosso e, tra gli animali, il toro, il picchio e il lupo.
Per questa ragione i Sabini e i Romani avevano l'abitudine di affidare  un gruppo di giovani al dio al ritorno della primavera; essi dovevano lasciare la loro patria e cercare fortuna altrove, fondando nuove comunità: si trattava del rito del ver sacrum, cioè primavera sacra. Erano accompagnati da un lupo, animale sacro a Marte che, secondo la leggenda, avrebbe allevato i gemelli Romolo e Remo, generati dal dio con la vestale Rea Silvia. Dopo essere stati abbandonati e allevati da una lupa, attraverso le vicende narrate dal mito della nascita di Roma, Romolo avrebbe fondato la città sul colle Palatino, dando poi al primo mese del calendario romano il nome di marzo in onore di suo padre.

Proprio in questo mese, a Roma si svolgevano numerose cerimonie religiose dedicate a Marte:
Al culto del dio Marte erano particolarmente devoti coloro che, per scelta o per obbligo, avevano a che fare con le armi: i soldati e i gladiatori.
I primi, infatti, si addestravano in un'area dedicata a lui, il Campus Martius, inoltre portavano con sé in battaglia le Hastae Martiae, lance consacrate al dio nel Foro Romano; si credeva che in questo modo il dio in persona guidasse l'esercito alla vittoria. 
I gladiatori, oltre ad adorarlo in numerosi altari ritrovati nelle loro caserme, si cibavano di orzo, un cereale sacro al dio.
Lo stessa figura leggendaria di Spartaco, da tutti gli storici considerato originario della Tracia come Marte, incarnava il forte legame tra questa categoria e il dio della guerra. 
Ottaviano Augusto attribuì al dio il titolo di "Ultor"cioè vendicatore, dopo la sua vittoria sugli assassini di Cesare e gli dedicò celebrazioni e luoghi sacri.

Un'altra divinità romana della guerra era Bellona, Enyo per i Greci, strettamente legata a Marte perché scendeva in battaglia con li, armata di torcia, spada e lancia. Il suo culto venne ufficializzato nel 296 a. C. con la costruzione del suo primo tempio; le festività in suo onore si svolgevano il 3 giugno.


In conclusione è possibile affermare che nella cultura romana, dunque, Marte ha due facce: una crudele, brutale, vendicativa, irascibile,  ostinata, che porta a comportamenti spietati e feroci; un'altra, quella legata al culto primaverile, rappresenta l'entusiasmo, lo stimolo, la capacità di risvegliare la natura, la voglia di vivere, l'audacia, l'eroismo, l'energia e la lotta per la conservazione. Quest'ultimo aspetto fa sì che per i Romani fosse una divinità più complessa e importante rispetto a quanto accadeva per i Greci.