L'uomo e le stelle

 

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CANTO I

E canterò di quel secondo regno,
ove l'umano spirito si purga, 
e di salir al ciel diventa degno. 6

PARAFRASI

E canterò di quel secondo regno (Purgatorio) dove lo spirito umano si purifica e diventa degno di salire al cielo, al paradiso.

COMMENTO

Questi sono i versi con cui Dante sceglie di aprire il Purgatorio ed introducono una sostanziale differenza con l'Inferno, infatti mentre in quest'ultimo i dannati non hanno possibilità di riscatto, le anime del Purgatorio possono aspirare al paradiso.

 

Lo bel pianeta, che ad amar conforta,
Faceva tutto rider l'oriente,
velando i pesci ch'erano in sua scorta. 21

PARAFRASI

Venere, che spinge all'amore e alla concordia, faceva risplendere l'oriente (l'est) rendendo difficile la vista della costellazione dei pesci alla quale è congiunta

COMMENTO

da questi versi emerge:

  • l'ispirazione di Dante alla dottrina degli influssi celesti, che sosteneva che i pianeti avessero degli influssi sulla vita dell'uomo, si credeva per esempio che Venere favorisse la concordia tra gli uomini;
  • la conoscenza del poeta della astronomia e quindi della posizione degli astri: la costellazione dei Pesci si trova nell'equinozio di primavera e sorge insieme a Venere e precede quella dell'Ariete in cui si trova il Sole, siamo quindi all'alba.

 

Io mi volsi a man destra, e puosi mente
all'altro polo e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'alla prima gente. 24
Goder pareva il ciel di lor fiammelle:
o settentrional vedovo sito,
Poi che privato se' mirar quelle! 27

PARAFRASI

Io mi volsi verso destra (verso il polo antartico in quanto aveva l'oriente a sinistra) e vidi quattro stelle che non furono più viste dopo Adamo ed Eva.
Il cielo pareva godere della loro luce: oh mondo vedovo ora che non puoi più ammirare quelle stelle.

COMMENTO

Le quattro stelle sono il simbolo delle quattro virtù cardinali: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza che non furono più visibili agli uomini dopo il peccato originale. E proprio per la loro mancanza che Dante definisce il nostro mondo vedovo, in quanto manca nella maggior parte degli uomini la capacità di condurre una perfetta vita virtuosa.

 

"Son le leggi d'abisso così rotte?
O è mutato in ciel nuovo consiglio,
che, dannati, venite alle mie grotte?" 48
Lo duca mio allor mi diè di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fe' le gambe e il ciglio. 51
Poscia rispose lui :" Da me non venni;
donna scese dal ciel, per li cui prieghi
della mia compagnia costui sovvenni". 54

PARAFRASI

Sono state rotte le leggi eterne
o in cielo vi è un nuovo consiglio 
dal momento che voi dannati siete riusciti ad arrivare fino alle mie rocce?
Virgilio allora mi prese con forza e accompagnando le parole con gesti mi spinse ad inginocchiarmi ed a chinare il capo. Dopo gli rispose:" Non venni di mia volontà, ma accompagnai costui per esaudire le preghiere di una donna celeste (Beatrice)".

COMMENTO

In questi versi avviene l'incontro con Catone che si stupisce di come Dante e Virgilio siano potuti arrivare dall'inferno fino a lui, in quanto la condizione dei dannati è eterna: non possono uscire dal cerchio in cui sono confinati. Al contrario di sant'Agostino, che lo condanna, Dante colloca Catone nel purgatorio, nonostante questo si sia suicidato, egli rappresenta per il poeta il perfetto cittadino, illuminato dalle quattro stelle delle virtù che seppe praticare in terra.

 

Ma se donna del ciel ti move e regge
Come tu dì, non c'è mestier lusinghe:
bastiti ben che per lei mi richegge. 93

PARAFRASI

Se è una donna del cielo che ti spinge e ti sostiene, come dici, sono inutili le tue lusinghe, basta che tu mi preghi nel suo nome.

COMMENTO

Catone respinge le parole adulatorie di Virgilio invitandolo a pregarlo nel nome di Beatrice. 
Emerge la superiorità della grazia rispetto alla ragione umana: Virgilio, che rappresenta la seconda, nel purgatorio avrà spesso bisogno di qualcuno che lo aiuti nel suo compito di guida in quanto egli è limitato per la mancanza di grazia, che completa la ragione umana e permette all'uomo di liberarsi del male.

CANTO II

Vedi come le ha dritte verso il cielo, 
Trattando l'aere con l'eterne penne,
che non si mutan come mortal pelo. 36

PARAFRASI

Vedi come le tiene verso il cielo (le ali), penetrando l'aria con le penne eterne, che non sono sottoposte al cambiamento di pelo (o le penne) come gli esseri destinati a morire".

COMMENTO

In questi versi Dante introduce la figura di un angelo, il nocchiere divino in antitesi con Caronte. Questo fende l'aria le candide ali rivolte verso il cielo, a significare che egli attinge la forza da Dio. Le penne delle sue ali poi non cadono e non devono il loro colore all'età che avanza.

 

Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal, che parea beato per iscripto;
e più di cento spiriti entro sediero. 45

PARAFRASI

Il celeste nocchiero stava a poppa, in modo da sembrar portare in tutto il suo aspetto la beatitudine; e più di cento anime sedevano nella navicella.

COMMENTO

Anche in queste righe si trova un'allusione alla natura celeste dell'angelo. Dante, imbevuto di studi di teologia, credeva infatti che la natura umana degli angeli fosse solo un'apparenza

 

Da tutte le parti saettava il giorno
Lo sol, ch'avea con le saette conte
di mezzo il ciel cacciato Capricorno, 60

PARAFRASI

Il sole, che aveva messo in fuga con le sue frecce precise (presso gli antichi, Apollo, dio dei sole, era arciere efficacissimo) dal punto più alto del cielo la costellazione del Capricorno (che, distando 90 gradi da quella dell'Ariete, si trovava allo zenit del meridiano mentre il sole stava sorgendo), proiettava la sua luce in tutte le direzioni.

COMMENTO

Il sole era ormai sorto in cielo e Dante paragona i suoi raggi a delle frecce. Il poeta vede inoltre anche le stelle non che non erano visibili all'occhio e sa che la costellazione del capricorno si trova allo zenith quando il sole è all'orizzonte.

 

CANTO III

Ora, se innanzi a me nulla s'aombra, 
non ti maravigliar più che de' cieli,
che l'uno all'altro raggio non ingombra. 30

PARAFRASI

Ora, se davanti a me non compare nessuna ombra, ciò non deve meravigliarti più del fatto che i cieli non impediscono il passaggio dei raggi dall'uno all'altro.

COMMENTO

Dante volge lo sguardo attorno a sè e nota che il sole, alle sue spalle, proietta solo la sua ombra e non quella di Virgilio e crede allora di essere solo. La sua guida in realtà gli è vicino e gli spiega che il suo non è un corpo dalla consistenza umana ma, è un corpo speciale che può essere attraversato dalla luce, come la materia trasparente di cui è composto il cielo. In questo canto avviene l'incontro tra Dante e Manfredi.

 

Non vi meravigliate, ma credete,
che non sanza virtù che dal ciel vegna,
cerchi di soverchiar questa parete. 99

PARAFRASI

Non meravigliatevi; ma credete che non senza l'aiuto del cielo io cerco di superare questo dirupo.

COMMENTO

Virgilio cerca di convincere una folla di anime arrivate presso un monte che,egli stesso e Dante esaminano per trovare una via per aggirarlo, di non stupirsi di fronte alla natura umana di Dante: dove Dio opera, infatti ,non può esserci stupore.
Virgilio infatti la perplessità di quelli spiriti e cerca di soddisfarne la curiosità; cerca inoltre un modo di scalare la montagna tanto impervia che non bastano i mezzi umani ma è necessario l'aiuto divino.

 

CANTO IV

Prima conviene che tanto il ciel m'aggiri
Di fuor da essa , quanto fece in vita,
perché io indugiai al fine i buon sospiri 132

PARAFRASI

Prima è necessario che il cielo giri intorno a me. Fuori quella porta, per tutto il tempo che mi girò intorno durante la mia vita, poiché rimandai il pentimento fino all'ultimo.

COMMENTO

Siamo nell'antipurgatorio. In questo canto Dante tratta dei pigri pentirsi, che attesero il limite estremo della vita, ed ora prima di accedere alla penitenza devono attendere qunto attesero in vita prima di giungere al pentimento. In questi versi è riportato parte del dialogo con Belacqua, un liutaio fiorentino suo amico, che prima di esser fuori dalla porta del purgatorio deve aspettare un tempo pari a quello del suo indugio prima del pentimento.

 

se orazione in prima non m'aita,
che surga su di cor che in grazia viva:
l'altra che val, che 'n ciel non è udita? 135

PARAFRASI

se non mi aiuta la preghiera che nasce dal cuore di chi è in grazia di Dio: cosa vale l'altra (del peccatore), che non viene ascoltata in cielo?

COMMENTO

L'unica speranza che Belacqua conserva, perchè il tempo della sua attesa venga accorciato, è quella delle preghiere di coloro che sono in grazia di Dio.

 

CANTO V

Noi fummo tutti già per forza morti,
e peccatori infino all'ultim'ora:
quivi lume del ciel ne fece accorti, 54

PARAFRASI

Noi fummo uccisi tutti con la violenza, e fummo peccatori fino all'ultima ora della nostra vita: quando la grazia del cielo (divina) ci rese coscienti dei peccati commessi

COMMENTO

Dante si sofferma su coloro che morirono per violenza altrui; e solo nell'estremo istante la luce della grazia celeste, di Dio, li illuminò, rendendoli consapevoli del loro peccato.

 

Io dirò vero, e tu il ridi' tra i vivi:
l'angel di Dio mi prese, e quel d'Inferno
gridava: ' O tu del ciel, perché mi privi?' 105

PARAFRASI

Ti dirò cose vere e tu le riporterai nel mondo dei vivi: l'angelo di Dio mi prese, mentre il diavolo gridava: " Tu che sei del cielo, perché mi privi di quest'anima?" 

COMMENTO

Qui Dante si riferisce a Buonconte che, ormai morente, invoca il nome di Maria, un angelo mandato da Dio lo va a prendere scatenando la reazione di un demone che si sente privato di quest'anima

 

Indi la valle, come il dì fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia, e il ciel di sopra fece intento 117

PARAFRASI

Poi, non appena divenne notte, la nebbia coprì la valle (di Campaldino) dal monte Pratomagno 
alla Giogaia di Camaldoli e il cielo si rannuvolò.

COMMENTO

Il demone sentendosi defraudato dell'anima di Buonconte, per il suo tardivo pentimento, si vendica sul corpo scatenando un uragano con forti piogge.

 

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