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CANTO XXII O gloriose stelle, o lume pregno PARAFRASI O stelle della costellazione dei gemelli, donatrici di gloria (gloriose), ricche di nobile influsso (di gran virtù), alle quali io devo attribuire tutto il mio ingegno, qualunque esso sia; il sole sorgeva e tramontava insieme a voi, quel sole che è sorgente di ogni vita mortale, quando io respirai per la prima volta l'aria toscana, venendo alla luce; e poi, quando mi fu concessa (largita) da Dio la grazia di poter entrare nella sfera delle stelle fisse dove voi vi muovete (l'alta rota che vi gira), mi fu data in sorte (mi fu sortita) la regione da voi occupata (vostra) nell'ottava sfera. COMMENTO Qui Dante e Beatrice si trovano nell'ottava sfera, Cielo delle Stelle Fisse: egli si rivolge alle stelle della costellazione dei Gemelli, alle quali deve attribuire tutto il suo ingegno e il suo sapere, (Dante infatti è nato in un giorno non precisato tra il 15 maggio e il 15 giugno, sotto la costellazione dei Gemelli appunto). CANTO XXIIIIl nome del bel fior ch'io sempre invoco PARAFRASI Il nome della mistica rosa (bel fior) di Maria che io sempre invoco nelle preghiere del mattino e della sera attrasse tutta la mia attenzione a contemplare e riconoscere (avvisar) la luce più splendente; e appena si impresse in entrambi i miei occhi (ambo le luci) la qualità e la quantità, cioè l'intensità, di quella vivida e luminosa stella, che in cielo vince in splendore tutti i beati, come qui in terra vinse in virtù ogni creatura, attraverso il cielo scese una luce ardente (facella), che assunse una forma circolare a guisa di corona, e cinse Maria, danzando (girossi) intorno a lei. COMMENTO Qui Dante, sempre accompagnato da Beatrice, arriva al cospetto di Maria. Egli avendo constatato che Cristo si è allontanato nell'Empireo, cerca tra le anime la più luminosa dopo Cristo, appunto Maria. Nei termini che la rappresentano è un susseguirsi di letteratura mistica (bel fiore, maggior fuoco,…) e stilnovistica (viva stella,…). CANTO XXIV Così Beatrice; e quelle anime liete PARAFRASI Dopo il segno di Beatrice, le anime dei beati (quelle anime liete), rimasti nell'ottava sfera per mostrare la loro gioia di accogliere Dante, si disposero (si fero) a forma di sfere rotanti attorno ad un asse immobile, fiammeggiando, nel loro volteggiare, come comete. COMMENTO Sotto invito di Beatrice, le anime dei beati si dispongono a forma di sfere rotanti e fiammeggianti, simili a comete. L'immagine delle comete qui collabora a creare un senso di cosmicità che sembra liberarsi dalle anime stesse. Nel Paradiso, infatti, cosmo e anime non sono più diversi, bensì identici.
De la profonda condizion divina PARAFRASI Di questa misteriosa (profonda) natura (condizione) di Dio, unità e trinità, a cui ho accennato, l'insegnamento (dottrina) del Vangelo mi rende certa la mente più volte. COMMENTO La dottrina evangelica che narra l'essenza una e trina di Dio è il fondamento di tutta fede di Dante, che arde in lui luminosa come una stella. CANTO XXVDa molte stelle mi vien questa luce; PARAFRASI Da molti autori dei libri sacri mi deriva questa verità (luce) sulla Speranza; ma più di tutti gli altri la infuse goccia a goccia (distillò) nel mio cuore David, che fu il maggior cantore dello Spirito Santo nei Salmi. COMMENTO In questo caso la parola stelle è un termine biblico, infatti in un passo dell'Antico Testamento si dice che coloro che in vita sono stati dotti e hanno insegnato la giustizia agli uomini, splenderanno nel cielo come stelle per l'eternità. Cfr. Daniele, XII, 3: "Ma quelli che saranno dotti, rifulgeranno come splendore del firmamento; e coloro che hanno insegnato a molti la giustizia, splenderanno come stelle per tutta l'eternità".
Poscia tra esse un lume si schiarì PARAFRASI Poi, tra quelle anime danzanti (tra esse) un'anima (un lume) divenne più fulgida (si schiarì), tanto che se la costellazione del Cancro avesse una stella (cristallo) così luminosa, il mese invernale sarebbe tutto un unico giorno sempre illuminato, nella prima parte dal sole, nella seconda da questa stella di luminosità pari al sole. COMMENTO In questo caso non viene menzionata direttamente dal poeta la parola stella, che è invece sostituita dal termine cristallo. CANTO XXVILa lingua ch'io parlai fu tutta spenta PARAFRASI Il linguaggio che io usai fu del tutto spento, prima che il popolo babilonese, sotto la guida di Nembrot, attendesse (fosse attenta) all'opera di impossibile compimento (la torre di Babele), che nessun (nullo) prodotto dell'intelletto umano (effetto razionabile) fu mai durevole per sempre, per colpa del gusto umano (piacere uman), che si rinnova continuamente con il passare degli anni. COMMENTO Nel ventiseiesimo canto Dante incontra l'anima di Adamo, che gli spiega come il suo peccato originale fu causato dalla superbia dell'uomo, che vuole superare ingiustamente i limiti impostigli da Dio, Bene supremo; il primo uomo dichiara anche che la sua lingua originaria non fu l'ebraico, ma una già estinta prima della confusione creata dalla torre di Babele. CANTO XXVII Ciò ch'io vedeva mi sembrava un riso PARAFRASI Ciò che io vedevo mi pareva come un sorriso dell'universo; per cui il mio entusiasmo nasceva da quel che udivo e da quel che vedevo. COMMENTO Qui Dante incontra i Cherubini, anime tripudianti e fiammeggianti come comete, che, oltre alla melodia inebriante del canto di lode a Dio, sembrano emettere quasi un riso che si espande per tutto l'universo, come una manifestazione di gioia sovrumana. L'universo non include però il senso di infinito a cui noi siamo soliti associarlo, ma è, in questo caso, un'immagine assai più corposa: i cieli, infatti, nel loro moto unitario corruscano, come gli occhi quando si ride, dando l'impressione di un universo che balena di riso. Di quel color che per lo sole avverso PARAFRASI Io vidi allora il cielo tutto cosparso di quel colore rosso acceso di cui si tinge una nuvola colpita direttamente dal sole al tramonto o all'alba. COMMENTO L'indignazione di San Pietro, nei confronti del comportamento immorale dei contemporanei del poeta, diventa, in questo modo, sdegno corale di tutti i beati e di tutto il cielo, che partecipano insieme all'invettiva, voluta da Dio stesso, a monito dell'umanità intera, di cui Dante si farà nuovo redentore (funzione profetica della Commedia).
Si come di vapor gelati fiocca PARAFRASI Come la nostra atmosfera fa cadere in giù fiocchi di vapori gelati (neve) quando il sole si è congiunto (si tocca) con la costellazione del Capricorno, così io vidi lì il cielo (etera) adornarsi e fioccare verso l'alto di quegli spiriti beati (vapor triunfanti) che si erano fermati con noi nell'ottavo cielo (quivi). COMMENTO L'evocazione del ritorno dei beati su all'Empireo costituisce uno dei passi più felici del canto, ammirabile soprattutto per la smaterializzazione di ogni spazio.
E la virtù che lo sguardo m'indulse, PARAFRASI E la forza che lo sguardo di lei mi donò, mi fece allontanare dalla costellazione dei Gemelli (bel nido di Leda) e mi proiettò nel cielo più veloce. COMMENTO Qui Dante si riferisce al Primo Mobile, il nono cielo, che è il più veloce di tutti gli altri, poiché compie la sua rivoluzione in meno di ventiquattro ore. Questo cielo trae, secondo il poeta, la sua energia direttamente da Dio, da cui parte l'impulso che fa muovere tutti i cieli intorno alla terra, che sta ferma. Nello stesso tempo, tutti gli elementi del creato tendono al Primo Mobile, che è, quindi, come Dio, origine e fine (meta) di tutto il cosmo. CANTO XXVIIIE com'io mi rivolsi e furon tocchi PARAFRASI E quando alzai lo sguardo al cielo, i miei occhi furono colpiti da ciò che appare tutte le volte che si guarda con attenzione nella sua luce, COMMENTO Come rimane splendido e sereno PARAFRASI Come rimane splendido e limpido il cielo dell'aria che sta sopra di noi quando Borea soffia da quella parte dove è più calma , per cui si purifica e sparisce la nuvolosità che prima disturbava il cielo, in questo modo il cielo può riplendere e gioire per la bellezza diffusasi in ogni sua parte; così io rimasi con la mente serena, dopo che fu mandato via il dubbio, dopo che Beatrice mi diede la sua chiara spiegazione, e la verità si rivelò a me come una stella in cielo. COMMENTO Dante in questo canto vede un punto luminoso attorno a cui ruotano nove cerchi con velocità che va via via diminuendo.Questo punto è Dio a cui ruotano i nove cori angelici che influenzano la vita del cosmo. Dante allora, chiede a Beatrice il motivo per cui il cerchio più piccolo è anche il più veloce; Beatrice dà a Dante una spiegazione talmente chiara, che egli paragona la verità rivelatagli ad una stella nel cielo. CANTO XXXForse semilia miglia di lontano PARAFRASI Forse seimila miglia lontano da questo cielo è mezzogiorno (ferve l'ora sesta), e sulla terra (questo mondo) l'ombra è già proiettata quasi orizzontalmente, quando il cielo, alto e immensamente profondo sopra di noi, inizia a rendersi tale che alcune stelle non sono più visibili da quaggiù (ch'alcuna stella perde il parere infino a questo fondo); e appena è l'aurora e sorge il sole (la chiarissima ancella del sol), così il cielo comincia a spegnersi, stella dopo stella, fino alla più lucente (alla più bella). COMMENTO All'inizio di questo canto, Dante, per cercare di rappresentare e descrivere lo straordinario e stupefacente spettacolo dei nove cori di angeli che si innalzano e si allontanano, dirigendosi verso l'Empireo, utilizza una complessa similitudine, dove cielo e stelle, per una volta, compaiono, non più inseriti nell'ingegnosa struttura del paradiso, ma come parte di un paesaggio naturale, terrestre.
Cotal qual io lascio a maggior bando PARAFRASI Io lascio la bellezza di Beatrice così com'è a una voce più alta e più poetica (a maggior bando) di quanto la mia possa essere, in modo che porti a termine il difficile compito del suo canto, e con la voce e il comportamento sicuro di una guida, riprese: "Noi siamo appena usciti dal cielo più grande, il Primo mobile, e siamo entrati in un cielo che è pura e sola luce: luce dell'intelletto (intellettual), piena d'amore; amore per il Bene vero, colmo di gioia; gioia che batte ogni felicità terrena (letizia che trascende ogne dolzore). COMMENTO In questo caso la parola "ciel" è utilizzata per menzionare il decimo cielo, l'Empireo. Beatrice, descrivendo a Dante il loro cammino e l'ultimo cielo, dove sono appena entrati, mette in evidenza come siano passati da un mondo ancora fisico ("il maggior corpo", cioè il Primo Mobile, il cielo più vasto, ma che ha comunque sempre una sua corporeità), a un universo di assoluta e totale incorporeità ("ciel ch'è pura luce", l'Empireo, costituito solamente da sostanza immateriale).
"Sempre l'amor che queta questo cielo PARAFRASI Da sempre l'amore che rende immobile eternamente questo cielo accoglie le anime che vi accedono con un tale benvenuto (si fatta salute), in modo da preparare la nuova candela a ricevere e mantenere la sua fiamma". COMMENTO Dante, da pochissimo entrato nell'Empireo, ha la sua prima visione: un fiume di luce lo avvolge con un'intensità tale da disperdere la sue capacità visive e da non permettergli di vedere nient'altro. Le parole di Beatrice sopra riportate risuonano quindi come un dolce tentativo di rassicurazione e spiegazione di ciò che sta avvenendo intorno al poeta: la donna dice a Dante che tutti coloro che fanno ingresso nell'ultimo cielo vengono accolti in quel modo, da quel fascio di luce che rappresenta l'amore di Dio, paragonato alla fiamma che anima ogni candela (ciascun nuovo beato).
Poi, come gente stata sotto larve, PARAFRASI Dopo di che, come persone rimaste nascoste da una maschera (sotto larve), e che quindi nel momento in cui si tolgono le false sembianze dietro le quali erano scomparsi i loro volti, che così sembrano nuovamente diversi da prima, allo stesso modo i fiori e le sfavillanti scintille si trasformarono in immagini ancora più gioiose, così che io potei vedere con chiarezza tutte le manifestazioni della corte celeste. COMMENTO Il fiume della luce divina è diventato un lago splendente, mostrando così a Dante anche l'altra manifestazione della corte celeste. Nel lago la magnificenza dello spettacolo, che sembrava non poter essere più superata già nella visione del fiume, aumenta ulteriormente, e sembra davvero raggiungere il culmine. Mancano solo tre terzine affinché l'immagine si compia definitivamente, con la comparsa dell'anfiteatro e la straordinaria visione, infine, della rose dei beati. CANTO XXXI O trina luce, che 'n unica stella PARAFRASI Oh luce della trinità di Dio, che splendendo agli occhi dei beati così, in un'unica essenza, li appaghi e rendi eternamente felici! Oh luce divina, volgi il tuo sguardo quaggiù alla nostra difficile e agitata vita sulla terra! (a la nostra procella!). COMMENTO In questo caso la parola stella sta a indicare l'unità dell'essenza e della manifestazione di Dio ai beati, nonostante la sua trina natura.
E 'l santo sene: "Acciò che tu assommi PARAFRASI E il vecchio santo mi disse: "Affinchè tu possa concludere pienamente il tuo viaggio, per il quale beatrice mi ha chiamato con le sue preghiere e il suo santo amore, fai volre il tuo sguardo su tutto questo giardino; in questo modo, la tua vista si abituerà a tale intensa luce e potrà penetrare meglio e più a fondo nella luce divina. E la regina del cielo [la Madonna], per la quale io ardo tutto di amore, ci darà ogni grazia, poiché io sono Bernardo, suo fedele devoto. COMMENTO Il poeta ha incontrato San Bernardo, uno dei maggiori esponenti del filone filosofico mistico del Medioevo, al quale Dante si appoggia per la scrittura della Commedia e che quindi, non a caso, è, per l'ultimo tratto del suo viaggio, la sua giuda. Presentato come "'l santo sene", san Bernardo era stato in vita un fedelissimo devoto della Madonna, "la regina del cielo", alla quale eleverà anche una bellissima preghiera a conclusione del poema. Egli consiglia a Dante di fissare il suo sguardo nel "giardino", che etimologicamente equivale alla parola "Paradiso", in modo da abituare la vista e da poter penetrare meglio nella luce divina: la conquista della visione totale avviene gradualmente, come gradualmente si verifica anche l'estasi mistica, secondo i teorici dell'argomento. CANTO XXXIICosì ricorsi ancora a la dottrina PARAFRASI In questo modo mi rifeci all'insegnmento di colui che trova diletto nella contemplazione di Maria (cioè San Bernardo), come una stella del mattino si abbellisce nella luce del Sole. COMMENTO In questo canto, ma più in generale in tutti i canti del Paradiso si dà molta importanza al colore. Se l'Inferno era il regno delle tenebre e il Purgatorio era caratterizzato soltanto da alcuni cenni di azzurro e grigio, il Paradiso è, invece, il luogo dove la luminosità fa da padrona; le immagini e i colori sorgono spontanei in Dante in quanto Dio si sta rivelando a lui in modo sempre più chiaro, come una stella nel cielo. CANTO XXXIII A l'alta fantasia qui mancò possa; PARAFRASI A questo punto, alla mia fantasia, che pur si era tanto innalzata, venne meno ogni capacità; ma già l'amore che fa muovere il sole e tutte le altre stelle [Dio]stava facendo girare il mio desiderio e la mia volontà di raggiungere il bene come una ruota che gira in maniera uniforme. COMMENTO Dante è finalmente stato reso partecipe della beatitudine della visione di Dio; nella sua contemplazione è riuscito per un istante a intuire e comprendere il mistero della Trinità divina e quello dell'Incarnazione di Gesù. A questo punto però, la sua fantasia, per quanto sia elevata a Dio, non ha più alcun potere, in quanto è comunque legata alla sfera della razionalità. Dante, però, non risulta definitivamente ostacolato dai limiti della natura umana, anzi, se ne è svincolato completamente e, per un istante, intuisce il totale mistero: ha saputo tutto esattamente, proprio come Dio stesso, e per volontà sua. |