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La volpe e il leone secondo Dante

 

 

 

Analizzando il canto XXVII dell'inferno Dantesco, notiamo una chiaro riferimento a come, per l'ennesima volta, Dante utilizza la figura di un animale(in questo caso si collega alla volpe, gią citata in precedenza) per esprimere vizi o virtł. In questo caso, l'allusione č utilizzata da Guido da Montefeltro, signore della contea di Montefeltro, abile uomo politico e condottiero(lodato da Dante nel Convivio), collocato all'inferno dall'autore nel girone dei consiglieri fraudolenti. Egli volle « forzare » la mano del cielo, imporre anche ad essa (ultima beffa e bestemmia) la sua volontą implacata, quell' astuzia che lo aveva fasciato di loschi, temibili bagliori agli occhi del mondo.

La citazione recita:

Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe
      che la madre mi dič, l'opere mie
 75 non furon leonine, ma di volpe.

Mentre che io ebbi forma corporea in dimensione umana e fui di ossa e di polpe che madre Natura mi dette per usarle nel bene , le mie opere non furono da "leone", ma da "volpe".

http://www.italica.rai.it/principali/dante/iconografia/prot_1256.jpg

La tradizione letteraria e popolare ha fatto del leone il simbolo della forza e del coraggio, e della volpe il simbolo dell'astuzia, della furbizia intrigante.

"Quando il detto Conte Guido usciva fuore di Pisa con la gente, sonandoli innanzi una cennamella, li fiorentino fuggiano e diceano:ecco la volpe" "Cronica di Pisa"

 

 

 

 

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