Vox populi, vox dei
Conosciamo pochissimo di lui; sono anche ignote le date di nascita e di morte.
Originario della parte orientale dell'impero, si dedicò alla retorica e
alla filosofia, collaborando con l'imperatore Giuliano, detto l'apostata
perché rinnegò la fede cristiana per tornare al paganesimo(361-363).
Ottenne il titolo di magister memoriae sotto Valente, essendo
stato incaricato dall'imperatore di scrivere per suo uso personale un'opera riassuntiva della storia
romana basata sulla narrazione di Tito Livio, con indicazioni cronologiche.
L'opera venne portata a termine nel periodo tra il 364, data della morte di
Gioviano che mette fine alla narrazione ed il 370, anno a partire dal
quale non si hanno più notizie di Eutropio.
Il titolo è molto significativo: Breviarium ab Urbe
condita, cioè "riassunto (della storia) a partire dalla
fondazione della città" diviso in 10 libri e 224 capitoletti.
Eutropio, semplice funzionario della cancelleria che scrive per il più
potente e irascibile dei committenti, fa il possibile per non
contrariarlo, dando della storia romana l'interpretazione più
accreditata senza avanzare critiche né dubbi, anzi, esaltando
sempre i personaggi più famosi come l'imperatore Augusto. All'inizio
dell'opera, la dedica all'imperatore, oltre al dovuto ossequio, rivela
anche il proposito di unire diletto e intenti didattici, lasciandoci così
testimonianza del fatto che, sul finire del quarto secolo, gli
imperatori erano praticamente illetterati; un altro, meno ossequioso storico,
Ammiano Marcellino, definisce Valente persona "subagrestis ingenio, nec liberalibus studiis eruditus" (XXXI, 41).
L'opera contiene alcune inesattezze cronologiche e ama soffermarsi sulle
vicende militari, cosa che evidentemente era di particolare interesse per
l'imperatore, anche se nei passaggi in cui si descrivono fatti
particolarmente edificanti, l'autore sembra tentare un'imitazione
della prosa di Cicerone e Livio.
L'estrema sinteticità e l'assenza di spunti critici fanno pensare che il
"Breviarium" si rifaccia da un lato all'opera di Svetonio,
dall'altro alle Periochae di Livio: si tratterebbe cioè di un
"riassunto del riassunto", ad uso di una persona che certo non
aveva la passione per la storia.
Nonostante questo, o forse proprio per questo, l'epitome di Eutropio ebbe
grande successo, infatti venne presto tradotta in greco, ispirò la
struttura degli scritti di Orosio e, analogamente a quanto accadde per
l'"enciclopedia" di Isidoro da Siviglia,
fu una delle fonti più utilizzate nel Medioevo, in cui servì da manuale
di storia romana e da testo per i primi esercizi di traduzione dal latino.
[1] Romanum imperium, quo neque ab exordio ullum fere minus neque incrementis toto orbe amplius humana potest memoria recordari, a Romulo exordium habet, qui Reae Silviae, Vestalis virginis, filius et,
quantum putatus est, Martis cum Remo fratre uno partu editus est. Is cum inter pastores latrocinaretur,
decem et octo annos natus urbem exiguam in Palatino monte constituit
...
L'impero di Roma, del quale l'umana memoria non può
ricordare altro più piccolo agli inizi nè più ampio per le successive
conquiste in tutto il mondo, ha le sue origini in Romolo che, figlio
di Rea Silvia, vergine vestale e, per quanto si credette, di
Marte, venne alla luce insieme al fratello Remo. Egli, mentre si dava al
brigantaggio tra i pastori, all'età di diciotto anni fondò una
piccolissima comunità sul colle Palatino.....
Eutropio evidentemente non presta molta fede alla
paternità divina di Romolo, alla quale non si mostra per nulla
interessato; questo può essere dovuto alla sintenticità del
racconto oppure al fatto che Valente, rude soldato, non voleva
perdere tempo nei dettagli. Nel complesso, la lettura dei primi
capitoli di Eutropio ci fa capire che l'autore era più preoccupato di
passare sotto silenzio i fatti incresciosi delle origini piuttosto che
spiegarli compiutamente: la vestale incinta, l'abitudine dei Romani di
darsi al brigantaggio, l'omicidio di Remo, il ratto delle Sabine vengono
soltanto accennati come cosa di cui è meglio non parlare. Non è
opportuno inoltre dilungarsi su questi fatti in uno scritto destinato al
successore ideale di quel Romolo che, a voler insistere sui dettagli, si
presenterebbe come un brigante fratricida e frutto di una relazione
illegittima: si rischierebbe il crimine di lesa maestà.
Fonte dei dati su Eutropio: Dott. Antonio D'Andria
Torna all'indice delle pagine
di latino
|