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Montale e la poetica del “negativo”
Monet
Paesaggio marino
I poeti romantici
dell’Ottocento avevano celebrato le gesta degli eroi, quelli del realismo il
felice rapporto con la natura; i decadenti l’assoluto prevalere della
bellezza. Al contrario i nuovi poeti lirici del Novecento si fanno interpreti
del sentimento del vuoto, della crisi morale che investe la loro
generazione. La loro poetica si impegna a esprimere “il negativo” cioè tutto
ciò che l’uomo non riesce ad essere. Eugenio Montale (1896-1981)
è forse il maggiore esponente di questa poetica del negativo. La poesia
diviene infatti per lui un mezzo per esprimere, con un linguaggio sempre più
incisivo e privo di qualsiasi retorica, la disillusione dovuta alla
consapevolezza che non è più possibile fornire chiari messaggi o formule certe
per la comprensione del mondo. Si può solo dire ciò che non si sa e non si sa
o ciò che non si vuole; è questa la formula usata in una celebre poesia per
manifestare il profondo senso del “negativo”: essa esprime l’incapacità
di indicare punti di riferimento e di
offrire risposte consolatorie e la
profonda coscienza della tragica condizione di ogni individuo,
condannato a vivere con solo la sua angoscia.