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 Gozzano         La signorina Felicita  

VII

  
Gachet


Il farmacista nella farmacia
m'elogiava un farmaco sagace:
"Vedrà che dorme le sue notti in pace:
un sonnifero d'oro, in fede mia!"
Narrava, intanto, certa gelosia
con non so che loquacità mordace.

"Ma c'è il notaio pazzo di quell'oca!
Ah! quel notaio, creda: un capo ameno!
La Signorina è brutta, senza seno,
volgaruccia, Lei sa, come una cuoca...
E la dote... la dote è poca, poca:
diecimila, chi sa, forse nemmeno..."

"Ma dunque?" - "C'è il notaio furibondo
con Lei, con me che volli presentarla
a Lei; non mi saluta, non mi parla..."
"È geloso?" - "Geloso! Un finimondo!..."
"Pettegolezzi!..." - "Ma non Le nascondo
che temo, temo qualche brutta ciarla..."

"Non tema! Parto." - "Parte? E va lontana?"
"Molto lontano... Vede, cade a mezzo
ogni motivo di pettegolezzo..."
"Davvero parte? Quando?" - "In settimana..."
Ed uscii dall'odor d'ipecacuana
nel plenilunio settembrino, al rezzo.

Andai vagando nel silenzio amico,
triste perduto come un mendicante.
Mezzanotte scoccò, lenta, rombante
su quel dolce paese che non dico.
La Luna sopra il campanile antico
pareva "un punto sopra un I gigante".

In molti mesti e pochi sogni lieti,
solo pellegrinai col mio rimpianto
fra le siepi, le vigne, i castagneti
quasi d'argento fatti nell'incanto;
e al cancello sostai del camposanto
come s'usa nei libri dei poeti.

Voi che posate già sull'altra riva,
immuni dalla gioia, dallo strazio,
parlate, o morti, al pellegrino sazio!
Giova guarire? Giova che si viva?
O meglio giova l'Ospite furtiva
che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio?

A lungo meditai, senza ritrarre
la tempia dalle sbarre. Quasi a scherno
s'udiva il grido delle strigi alterno...
La Luna, prigioniera fra le sbarre,
imitava con sue luci bizzarre
gli amanti che si baciano in eterno.

Bacio lunare, fra le nubi chiare
come di moda settant'anni fa!
Ecco la Morte e la Felicità!
L'una m'incalza quando l'altra appare;
quella m'esilia in terra d'oltremare,
questa promette il bene che sarà...