Pagina iniziale Novecento Montale
Monet
la stazione di Saint Lazare
Ho
sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il
braccio |
né più mi occorrono:
non mi importano più
scorni:
delusioni
Due
strofe, una di sette versi e l’altra di cinque. Il verso è libero e piano.
Nella
prima strofa c’è una rima baciata(crede/ vede)mentre nella
seconda una rima alternata (due/ tue).
Il testo presenta un linguaggio di tutti i giorni quindi non presenta molte figure di suono. La più significativa è l’ anafora: ho sceso….ho sceso…
In questa poesia prevale l’uso connotativo delle parole, infatti il poeta usa la metafora della vita come viaggio. Questa metafora, molto usata in poesia, viene proposta in una versione moderna: non il classico viaggio per mare (si veda ad esempio Foscolo, In morte del fratello Giovanni), ma quello in treno, dove le coincidenze e le prenotazioni rappresentano i vari avvenimenti della vita, che al poeta, ormai solo e anziano, non interessano più.
Metafora: procedere insieme negli anni è come scendere le scale e il fondo di queste scale, fuor di metafora, è la morte.
Allegoria: la metafora della vita come viaggio dura per buona parte del testo.
LE FIGURE DI SIGNIFICATO
Iperbole: almeno un milione di scale
Sineddoche: “pupille” sta per “occhi”; a sua volta “occhi” cioè vista, è una metonimia
COMMENTO
In questa poesia Montale parla della vita trascorsa con la moglie che ora è morta. Il poeta sofferente dice di sentirsi solo, soprattutto in quei gesti così comuni, della vita quotidiana, in cui aveva la moglie accanto, ad esempio quando le offriva il braccio per scendere le scale, dato che lei ci vedeva poco. Paragona la sua vita coniugale a un lungo viaggio percorso con il sostegno di questa donna, poco appariscente ma dotata di grande intelligenza e comprensione, che era riuscita, a modo suo, a guardare al di là di quella “muraglia” di fronte alla quale lui si era fermato. Ella infatti, pur essendo ipovedente, riusciva a capire la realtà più degli altri, a intuirne il senso profondo e il poeta, anche se non aveva mai appreso questa capacità, finiva per beneficiare del suo equilibrio. L’autore sente la mancanza della moglie e ne rimane molto addolorato, pur riconoscendo che quello che avevano compiuto insieme era stato un “lungo viaggio”, mai troppo lungo per chi si trova bene col partner.
Kokoshka Sposa del vento