Pagina iniziale Novecento Ungaretti
La poetica
Kokoscha
Fronte all’Isonzo
Nelle sue prime poesia, Ungaretti rievoca le immagini del
fronte, ma anche quelle del suo passato in Africa e il tema del mare e del
porto. La guerra in particolare, che
lo costringe a rimanere sul precario confine tra vita e morte, lo induce a
cercare di esprimere il suo pensiero nel minor numero possibile di parole,
costringendo cioè le parole ad esprimere molti significati prima che sia,
letteralmente, troppo tardi. Si tratta della “poetica dell’attimo”, cioè
della capacità di cogliere attimi di pausa per comunicare sentimenti urgenti,
che non possono essere rimandati a dopo, infatti un “dopo” potrebbe non
esistere più. Questi testi sono lontani dagli schemi tradizionali delle strofe,
delle rime, dei versi; si richiamano per molti aspetti alla tradizione dei
futuristi senza però condividere la loro esaltazione per la guerra. Come
il porto sommerso di Alessandria, antichissimo, sogno irrealizzabile degli
archeologi, giace nascosto dalle profondità del mare e dà fugaci tracce di
sé, nella concezione di Ungaretti il segreto della poesia si nasconde nelle
profondità dell'animo umano e si manifesta a tratti, in una visione rivelatrice
che imediatamente si dilegua.
Nelle
raccolte poetiche successive, Ungaretti torna alle forme tradizionali della
poesia, ispirandosi in particolare a Leopardi e a Petrarca; le ultime raccolte
esprimono poi l’indicibile dolore per la morte del figlio e l’orrore per
l’occupazione nazifascista. Nel dopoguerra uscì la raccolta “La terra
promessa”, nella quale intendeva recuperare il mito e la funzione allegorica
della poesia, ma senza ottenere i risultati convincenti del periodo anteriore al
1942.