Lez.6: Marchio

DISEGNO INDUSTRIALE, DESIGN E MARCHIO.

Esempi di applicazione all’informatica (Apple)

Cos’ è il DISEGNO INDUSTRIALE?

  • Il design è l’aspetto estetico o decorativo di un prodotto che consiste, in particolare, delle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso.
  • L‘art. 31 c.p.i. stabilisce che il design può costituire oggetto di registrazione solo se dotato di novità e carattere individuale (ovvero se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno/modello precedentemente divulgato).

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Quanto durano i diritti per il

DISEGNO INDUSTRIALE?

  • La protezione di un disegno o modello dura 5 anni a decorrere dalla data di deposito della domanda, rinnovabili per uno o più periodi di 5 anni fino ad un massimo di 25 anni.

 Esempi di disegni e modelli registrati

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Interdipendenza e protezione del design

  • Il principio dell’interdipendenza dei diritti IP, come si è visto, consente di assicurare la massima protezione a tutti gli elementi caratteristici di un prodotto. Può, inoltre, accadere che anche su un medesimo elemento di un prodotto – nel nostro caso l’aspetto estetico – possano sorgere differenti diritti IP.
  • L’apparenza di un prodotto può essere protetta – anche contemporaneamente – come design, come marchio di forma (tridimensionale), come opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore.

Valore artistico e carattere creativo

Design industriali proteggibili sotto il profilo del diritto d’autore sono quelli che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico

  • Il carattere creativo identificato dalla normativa in materia di diritto d’autore è stato ritenuto sussistere laddove il design presenti un’impronta personale dell’autore, ravvisabile in varianti formali rispetto a quelle presenti in design già noti.
  • Il valore artistico è stato interpretato come un’originalità sul piano estetico più spiccata rispetto alle forme già presenti sul mercato, dovuta all’apporto personale dell’autore che conferisce alla forma del prodotto un autonomo valore rappresentativo. In tal caso il designer ha il diritto non solo di sfruttare economicamente il design, ma anche di rivendicare la paternità dell’opera e di esserne riconosciuto autore.

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Cos’è un MARCHIO?

  • Il marchio è un segno che permette di identificare i prodotti e servizi di un’impresa distinguendoli da quelli prodotti e/o distribuiti dalle altre imprese.
  • Attraverso la sua funzione distintiva il marchio consente di creare un legame tra i consumatori e i prodotti di un’impresa, in quanto gli stessi consumatori saranno portati a ricollegare determinate qualità ad un prodotto o ad un servizio semplicemente sulla base del marchio che vi viene apposto.
  • Valorizzare un marchio, attraverso adeguate strategie pubblicitarie e di marketing, può consentire di aumentare le quote di mercato di un’impresa, nonché di generare ulteriori flussi di cassa mediante la concessione di licenze (royalties).

ESEMPI DI MARCHIO

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Quali caratteristiche deve avere un MARCHIO?

  • novità, in quanto non confondibile con segni distintivi anteriori altrui (marchi, nomi a dominio, nomi commerciali);
  • distintività, in quanto idoneo a consentire al consumatore di ricollegare all’impresa del titolare i prodotti e i servizi contraddistinti dal marchio;
  • liceità, ovvero la non contrarietà alla legge,all’ordine pubblico e al buon costume e, soprattutto,la non idoneità di trarre in inganno i consumatori sulle caratteristiche e le qualità dei relativi prodotti e servizi.

Marchi forti e marchi deboli

La capacità distintiva varia nel tempo, è un concetto dinamico che può aumentare o diminuire con il variare della percezione che il pubblico ha del segno. Si possono concettualmente suddividere i marchi in due principali categorie:

  • Marchi forti: dotati di forte capacità distintiva (es. parole di fantasia o termini che non hanno alcuna attinenza con il prodotto/servizio contraddistinto dal marchio). Per es. nomi patronimici, DIESEL (per abbigliamento), NOKIA (per apparecchi telefonici), CANON (per apparecchi fotografici)
  • Marchi deboli: dotati di debole capacità distintiva perché sono concettualmente inerenti al prodotto/servizio che contraddistinguono. Per esempio: Carciofotto (per carciofi sott’olio), Divani&Divani (per divani), Benagol (per prodotti per la gola).

La differenza tra marchio forte e marchio debole incide anche sul giudizio di confondibilità tra i marchi.

Regola generale: l’utilizzo di parole, espressioni e, in generale, segni che non hanno alcun legame con la natura del prodotto contraddistinto conferiscono ad un marchio una maggiore capacità distintiva (un marchio c.d. forte).

Maggiore quindi è la fantasia che viene impiegata per realizzare un marchio, più agevole sarà la procedura di registrazione e più incisiva sarà la tutela ad esso accordata.

Se il marchio è forte (ovvero provvisto di elevata capacità distintiva) saranno ritenuti confondibili rispetto ad esso tutti i segni che presentano alterazioni grafiche e concettuali anche trascurabili.

Viceversa, quanto più un marchio sarà considerato descrittivo (vale a dire suggerisce alcune qualità del prodotto che intende contraddistinguere) e, quindi, debole, meno incisiva sarà la tutela di cui potrà godere nei confronti di marchi confondibilmente simili (i.e. anche piccole variazioni potranno escludere qualsiasi ipotesi di confondibilità).

Potrà succedere inoltre che un marchio debole acquisisca capacità distintiva fino a diventare un marchio forte, per effetto del secondary meaning da esso acquisito a causa ad es. di una intensa campagna di propaganda pubblicitaria svolta dalla società titolare del marchio e dalla conseguente penetrazione sul mercato, o ad es. a seguito di un uso decennale che lo ha reso noto in tutte o in molte parti del mondo. In pratica il marchio assume un “secondo significato” rispetto al segno distintivo originariamente debole.

Esempi:

  • ESTATHE’
  • ORAN-SODA
  • LEMON-SODA

Fenomeno inverso = Volgarizzazione

La volgarizzazione può portare alla perdita dei diritti sul marchio nel senso che se ne può perdere l’esclusiva.Il titolare del marchio per evitare di essere considerato inattivo dovrebbe reagire ad ogni utilizzazione altrui ed usare il marchio in modo che sia sempre riconosciuto come tale (ad es. usando la lettera ® della registrazione o ricordando nella pubblicità che si tratta di un marchio registrato).

Esempi:

  • PREMAMAN per abbigliamento (App. Milano 21 marzo1980)
  • CELLOFAN (Trib. Milano 9 ottobre 1972)
  • NYLON (C pen. 17 novembre 1959)
  • PAGLIA E FIENO per paste alimentari (App. Roma 1ottobre 1979)

Al contrario, NON sono stati ritenuti volgarizzati i marchi:

  • CLARKS per calzature (Trib. Milano 24 settembre 1979);
  • ASPIRINA (App. Milano 26 giugno 1956).

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