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                              La descrizione del paesaggio

     Il paesaggio è  stato   fonte di ispirazione per i letterati di qualunque epoca e popolo. Gli esseri umani infatti amano il contatto con la natura, fonte di serenità, e cercano di ripristinarlo là dove si è interrotto,  ad esempio con lo sviluppo dell’urbanizzazione e della civiltà industriale.

La natura viene interpretata dai poeti come un’entità che interagisce con gli esseri umani  dando voce ai loro sentimenti, consolandoli delle loro sventure con la sua bellezza, manifestando accordo  con i loro stati d’animo, inducendoli a qualche breve pausa nel ritmo frenetico della loro vita. La vastità del mare e del cielo hanno sempre consentito all’uomo di provare la sensazione dell’infinito, la volta stellata e la notte suscitano emozioni che la luce del giorno nasconde, l’alba e la sera richiamano alla mente le corrispondenti età dell’uomo, il calore del sole e la quiete della campagna fanno pensare al trionfo della vita sulla morte, la voce del vento  ci parla come se si trattasse di una creatura vivente .

La natura fa nascere emozioni anche quando ci sembra ostile: il mare in tempesta, l’aridità dell’estate in un orto polveroso o sulla campagna riarsa, l’oscurità e il gelo di una notte invernale,  l’inquietante velo della nebbia, esprimono altrettanti stati d’animo: tormento, incapacità di amare,  disperazione e odio,  difficoltà nel distinguere i contorni delle cose cioè solitudine, confusione e timore di aver smarrito il cammino.

Anche quando il paesaggio è modificato dall’ azione dell’ uomo è ancora fonte di ispirazione: una vecchia villa immersa in un parco secolare, la fuga delle sue stanze e l’arredamento in abbandono rievocano l’idea del  passato e della decadenza; le rovine di un paese o di un antico edificio richiamano per analogia l’idea della morte dell’individuo, il viaggio delle barche sul mare rappresenta il cammino della vita, fino al porto della morte, che ci mette al riparo da tutte le tempeste.

Non sempre tuttavia esiste un rapporto di analogia tra il paesaggio e il nostro stato d’animo:

talvolta la natura, nella sua bellezza, ci appare dolorosamente indifferente alla nostra sofferenza.

Per Leopardi è una matrigna che illude i suoi figli nella loro gioventù con la promessa di un avvenire felice e li ferisce mortalmente con la delusione per un presente squallido e senza speranza.

Carducci vede rifiorire  l’orto e sente in modo ancora più acuto la mancanza del suo “fiore”, che non sboccerà più; il caso più estremo e significativo di questo sentimento è  narrato da Primo Levi quando descrive  il crudele splendore dell’alba ad Auschwitz, quando il sole si levava dipingendo il cielo di magnifici colori,  del tutto indifferente a quell’ immane tragedia umana.

 
Friedrich   L’abbazia del querceto

 

 
   

 

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